Credo che i Big Thief, che passano finalmente da Milano in questa domenica primaverile, abbiano il triste primato di essere la prima band al mondo ad aver annullato una propria performance a causa dell’incombente pandemia planetaria.
Era proprio domenica 23 febbraio 2020, quando dopo aver suonato, se non ricordo male, a Bologna, avrebbero dovuto esibirsi in quel del Magnolia, ma erano anche le prime ore in cui stava circolando la notizia del fatidico paziente uno, quindi nel primo pomeriggio arrivò proprio un comunicato stampa della band stessa che annullò la data, la seguente storia la conosciamo tutti.
Erano i tempi successivi alla doppia pubblicazione datata 2019 tradotta in due album molto importanti per la loro consacrazione, “U.F.O.F.” e “Two Hands” entrambi su 4AD, che elevarono il collettivo di Brooklyn tra i nuovi punti di riferimento della scena indie folk. Un’attitudine tutta loro nel saper capitalizzare al meglio le straripanti idee della front leader Adrianne Lenker.
Talento vulcanico, prolifico e infaticabile, che ha portato nei due anni successivi alla pubblicazione di un doppio disco, questa volta in un’unica soluzione, “Dragon New Warm Mountain I Believe In You“, il quinto in agenda in sei anni di carriera (oltre ai suoi dischi in solitaria), licenziato lo scorso anno, pieno zeppo, come sempre del resto, di belle canzoni, album che è anche il leit motiv per riportare la carovana in tour e recuperare quel concerto annullato a poche ore dall’inizio.
Entrando in merito, l’apertura è affidata a questo giovane songwriter, sconosciuto ai più, di nome Lutalo, coccolato dagli stessi Big Thief che, al completo, sono usciti insieme a lui per presentarlo, quindi Max Oleartchick, bassista della band, lo ha accompagnato per un brano, suona tre quarti d’ora in solitaria, un folk elettrico, tradizionale nell’intento, quindi moderno e interessante nello sviluppo chitarristico. Si fa voler bene.
Tempo di sistemare alcune cose e Big Thief on stage, rispettando rigorosamente gli orari annunciati, intensità e sincerità la fanno subito da padrone, come un po’ la tradizione folk insegna, molta sostanza e pochi fronzoli, lo stesso palco lascia poco spazio ad altro, se non ad una band diventata vera e propria famiglia, con la missione di fare musica come unica filosofia.
Anche live le chitarre sono il colore principe, anzi forse lo sono ancora di più in questa dimensione e Buck Meek, tra l’altro a settembre in tour per tre date anche dalle nostre parti, crea una preziosa e personale alchimia intrecciando accordi e suoni con Adrienne, diventando insieme ovviamente alla scrittura, personale e riconoscibile, l’asso della manica.
Abituale formazione a quattro in insolita linea orizzontale, dicevo palco scarno e luci sussurrate, niente pose, ma l’attitudine di chi ha macinato concerti, nessuna sorpresa di per se, nessun artifizio e cos’altro dire se non belle canzoni ben servite, suonate in un Alcatraz riempito di pubblico trasversale.
Setlist che varia ogni sera, farcita a montagne russe, pescando quasi casualmente tra i dischi pubblicati, ma non solo, non mancano gli inediti, esempio “Vampire Empire” o la conclusiva “Happy With You” che si trovano ovviamente sul tubo, a testimoniare, ancora una volta, la straripante prolificità di Adrienne.
Scaletta dicevo multiforme e mai uguale a se stessa, anche se ci sono dei capisaldi, come l’incalzante “Not”, sicuramente uno dei loro brani più significativi, con un finale quasi noise, piuttosto che “Change” o “Flower of blood”, o la stessa “Sud Infinity”.
Un’ora e venti di live di una band, che senza passaggi mainstream e una pandemia in mezzo, ha sestuplicato il proprio pubblico, pronta a diventare enorme.