Quando a metà giugno l’ex Kamtin Mohager stava dando vita al suo album d’esordio a nome di Heavenward, i suoi vecchi amici di merenda Marshall Gallagher e Anthony Salazar piazzavano nel successivo mese di agosto il miglior episodio dei Teenage Wrist. Il duo losangelino, infatti, ha raggiunto con “Still Love” il punto più alto della loro quasi decennale carriera che riesce a inserire in una tracklist di dodici brani alcune preziosissime perle che difficilmente saranno dimenticate. Si, certo, per il sottoscritto “Still Love” si candida di diritto per un posto sul podio nella personale top ten di fine anno.
Nella terza prova sulla lunga distanza dei californiani, le sonorità si caratterizzano per una poliedricità non da poco, il tutto avviluppato sul pattern anni 90 d’ordinanza che gode, peraltro, di una produzione davvero ispirata sotto l’egida di Brett Gurewitz, boss della Epitaph Records.
Sin dal bellissimo brano d’apertura “Sunshine” si viene afferrati in maniera decisa per essere accompagnati a trascorrere quasi cinquanta minuti in atmosfere che vanno dal post-hardcore allo shoegaze, il tutto in chiave earworm.
Le dodici hit infatti sono incasellate in maniera perfetta nella playlist che vanta picchi emozionali altissimi come la successiva “Dark Sky”, inno da stadio con al suo interno la voce del noto rapper ninenties S.A. Martinez dei 311, oppure come la malinconica titletrack che gode del featuring delle gemelle Mercedes e Phoenix Arn-Horn delle Softcult.
Chitarroni di puro stampo Smashing Pumpkins dei bei tempi che furono si fanno sentire in “Hambug” ma anche nella più rilassata “Digital Self”, nella quale echeggia un climax alla “Mayonaise”.
Registrato in tre differenti studi californiani, “Still Love” riesce a catalizzare l’attenzione sull’ascolto di ogni singola traccia in virtù del suo più volte richiamato variegato contenuto e brani come “Something Good” sono capaci addirittura di fornire un apporto edificante ma anche la seguente “Wax Poetic” con le melodiche note adagiate sulla voce dell’attrice Lindsey Nico Mann.
L’artwork del disco, curata da Colin Crane, aveva previsto tutto immaginando un arcobaleno lanciato su in cielo dalle mani della band a voler significare che il passo verso la consacrazione, quindi verso un concetto mainstream della propria arte, è senz’altro avviato.
Non mancano ballad dal sapore “grunge-pop” come la nostalgica “Diorama” e pillole di darkwave come in “Sprawled”, nella quale il saxophon di Robert Pera nel finale consegna, a parere di chi scrive, lo scettro di miglior episodio del lotto al pari, almeno, dell’oscura deftoniana “Cigarette Two-Step”.
Compito del lo-fi di “Paloma a.k.a. Ketamine” chiudere questo meraviglioso album che, pur non portando con se alcunché di rivoluzionario, contiene un potente magnetismo al suo interno arricchito da arrangiamenti di non poco momento.
Il risultato finale di “Still Love”, insomma, è talmente centrato che le minimali imperfezioni, che pur ci sono, non meritano nemmeno di essere citate.
Gran bel lavoro.