Sempre un piacere ritrovare i Pale Blue Eyes che, dobbiamo dirlo, seguiamo con attenzione fin dai loro esordi. Il nuovo album “This House” è fresco, pimpante e decisamente gioioso, visto che contiene brani dal ritmo alto e incalzante. Motorik che viaggia sempre sinuoso, synth anni ’80 che saturano l’aria, chitarre briose e il falsetto della voce di Matt che ci cattura, delinenando melodie e ritornelli.
Dalle prime info che avevamo il disco sarebbe potuto sembra oscuro e difficile. Matt Board infatti raccontava così:
Quando la mamma è morta, cinque anni dopo il papà, c’era questa carica sospesa nell’aria che collegava ogni persona nella stanza. Il tempo si era fermato. Mi sembrava di essere entrato momentaneamente in una dimensione alternativa tra la vita e la morte. Giorni e settimane dopo vedevo la mia famiglia in ogni angolo della casa, tutti i ricordi, i fantasmi e le memorie. Poi, gradualmente, mi è sembrato che fosse arrivato il momento di ricominciare, di lasciare la casa e i miei fantastici genitori.
Invece forse l’album è partito proprio da quella liberazione, da quel ricominciare di cui si parla alla fine della frase. Quello che abbiamo fra le mani è un lavoro che si muove su binari semplici, se vogliamo, e tutt’altro che claustrofobici. Canzoni che spesso si muovono circolari trovando la melodia e il gancio, che si ripete in una costruzione ben delineata, cambiando a volte il canovaccio con il post-punk alla Flasher (i primi Flasher a dire il vero li sento abbastanza in questo disco e non è affatto un male) di “Spaces”, il funk spaziale in odor di Stereolab di “Hang Out” o il toccante shoegaze alla moviola di “Underwater”, ma costruendo un suono decisamente riconoscibile e frizzante.
Per noi è un grande si!
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