L’album di debutto dei Wet Dip è un concentrato di noise/post-punk nella sua forma più grezza, caotica ed essenziale. Il trio texano, guidato dalle sorelle Sylvia ed Erica Rodriguez, non va tanto per il sottile in queste nove tracce aride e brutali come il deserto americano nel quale sono cresciute.
Questa band non sembra aver alcun interesse per gli aspetti tecnici della musica. I Wet Dip non suonano per nulla bene ma ne sono pienamente consapevoli. Non fanno niente per nascondere i loro limiti ma anzi li mettono in bella mostra, trasformando le numerose imperfezioni di “Smell Of Money” in un tratto caratteristico del loro sound.
È un ritorno alle radici della no wave e del noise, con l’esaltazione della cacofonia e di suoni oggettivamente brutti che entrano in contrasto con le melodie semplici e scheletriche disseminate in tutto il disco. Chitarra, basso e batteria sono gli unici elementi alla base di un album totalmente privo di orpelli e artifici: un lavoro al naturale, quasi fosse un provino registrato in presa diretta.
Il rumore perenne, spesso e volentieri, lascia l’ascoltatore con un senso di soffocamento. Le canzoni dei Wet Dip sono secche, ruvide, brutali e basiche. L’assenza di dinamiche non permette alla band di dar respiro a composizioni che, a volte, sono anche troppo sgangherate, quasi in maniera forzata. Come già detto, tuttavia, la disarmonia è uno dei cardini di un lavoro dalla nettissima impronta noise.
I Wet Dip citano Sonic Youth, Breeders, Big Black e The Birthday Party tra le loro principali influenze. Il peso di questi grandi nomi del passato è evidente nella musica del trio texano che, pur non brillando in termini di originalità, sa lasciare il segno per la schiettezza, per il totale disinteresse nei confronti delle tendenze del momento e per la scelta felice di alternare l’uso dell’inglese e dello spagnolo nei brani. Un disco interessante ma non proprio digeribilissimo che include due cover (“Silver” dei Pixies e “Pelo Suelto” della cantante messicana Gloria Trevi).