Chi ha stabilito che l’elettronica non possa essere fascinosamente misteriosa? Quella proposta dai Carver – al secolo, Marco M. Colombo e Matteo Cantaluppi -, per esempio, è piena di sfumature luccicanti che mettono in risalto un sapere musicale decisamente al di sopra della media. Del resto, stiamo parlando di due musicisti veri. Colombo, infatti, si era già fatto notare tra le fila dei Motel 20099, mentre Matteo Cantaluppi è uno dei producer più in voga della scena italiana (Da Gabbani ai Thegiornalisti).
Prendete la loro nuova opera, “T.R.I.P.” (distribuita da Artist First). Si tratta di nove brani in cui il duo sorprende piacevolmente l’ascoltatore attraverso dei beat che ripudiano la banalità stantia del già sentito. Nell’atmosfera evocativa di “Oriental Ledge”, il pezzo che apre le danze, si inizia già a percepire ciò che sarà il leitmotiv dell’album. Ovvero: melodie sghembe – per nulla omologate – ma di grande effetto. In pratica, un viaggio sonoro di gran classe.
Come nel caso della traccia numero due, “Kathmandu Freak Street”, dove i Nostri gigioneggiano con l’ossessività ipnotica imposta da un ritmo dannatamente dark. “T.R.I.P.” è l’opera omogenea di due artisti che sanno il fatto loro. Dannatamente. È una sorta di psichedelico dj-set da suonare all’infinito durante un party di fine anno. In tal senso, “T.W.A.D.” rappresenta uno degli highlights del disco. Sarà per l’incisività maestosa della base, sarà per il refrain (quasi) “Novantiano”, ma la settima traccia dell’album è uno di quei brani che si affacciano nella mente come l’eterno flashback di una nottata di eccessi. “Dream Machine”, invece, è puro mood cinematografico.
Già. Perchè ascoltando i nove pezzi che compongono la tracklist di “T.R.I.P.”, non si può fare a meno di percepire un certo (retro)gusto da “pellicola”, oltre ad una cura quasi maniacale per i dettagli. E cosa dire del finale epico di “BBB (Black Bombay Beat)” se non che richiama all’esplosività del miglior Mura Masa? Il nuovo lavoro dei Carver, dunque, è il progetto ispirato di un tandem che entusiasma – e non poco – per la qualità della propria proposta.
E “Namobuddha (The Other Side Of The Moon)” non è altro che la magnifica conclusione di un disco in cui immergersi totalmente per scorgerne i particolari più reconditi e succulenti. “T.R.I.P.”, in definitiva, è il manifesto “electro-dark” di due musicisti che si muovono “dietro le quinte” ma che fanno trasparire – a suon di note geniali – tutto il loro background artistico e musicale. È un sound d’avanguardia, quello dei Carver.
Un quadro di Anselmo Bucci in una galleria ultramoderna.