“Let’s give them the woks!“: ovvero, il “grido di battaglia” lanciato da Mr. Roger Taylor nei confronti dei suoi compagni di band durante le registrazioni dell’undicesimo album in studio del gruppo inglese, poi denominato proprio “The Works”. Sì. Perché l’inizio degli Anni Ottanta – ed in particolar modo il 1982 – non era stato così esaltante per i Queen.
Il quartetto di “Bohemian Rapsody”, infatti, era reduce dall’accoglienza un po’ insipida che pubblico e (soprattutto) critica avevano riservato a quel buon dischetto (nulla di più, però) che rispondeva al nome di “Hot Space”. L’album di brani – minori – quali “Back Chat “e “Body Language”, oltre alla celeberrima “Under Pressure (realizzata con un certo David Bowie), tanto per intenderci. Insomma, nell’estate del 1983 i Nostri erano in cerca di immediato riscatto, di rivalsa, se non altro, e decisero così di dividersi – in maniera piuttosto disciplinata tenuto conto dei loro standard abituali – tra Los Angeles e Monaco di Baviera per dare vita a quello che avrebbe dovuto rappresentare – necessariamente – il disco della rinascita.
Obiettivo raggiunto, potremmo aggiungere con il banalissimo senno di poi. Già. Perché “The Works” è l’opera dannatamente esaltante di una band in grande spolvero. O meglio, di una band ai suoi massimi livelli. Poco da dire. Merito anche dell’ottimo lavoro svolto in fase di produzione dal buon Reinhold Mack (già fido collaboratore degli Electric Light Orchestra). I nove brani che vanno a comporre la succulenta tracklist di “The Works”, infatti, riescono a spaziare da un genere all’altro offrendo una riverniciata oltremodo gustosa alla (già ricchissima) discografia dei Queen.
Basti pensare al pop-rock scanzonato ed immortale di “Radio Gaga” – frutto della genialità (mai troppo sottolineata) del sopraccitato Roger Taylor e delle frasi biascicate, all’epoca, dal suo figlioletto – o a quello “barocco” e più vicino agli esordi di “It’s A Hard Life”, dove la splendida voce di Freddie Mercury riesce a disegnare orizzonti che sanno di Epica e di vita vissuta. Nel 1984, in pratica, “La Regina” è una delle band più grandi del mondo. Indiscutibilmente. In Italia, tra l’altro, ne avremo una piccola, piccolissima dimostrazione (non priva di polemiche, va detto) durante il Festival di Sanremo di quell’anno.
“The Works” è anche il rock tiratissimo di “Tear It Up” (una delle tracce più amate dai fan durante i live degli 80s), il rockandroll frivolo (e sublime) di “Man On The Prowl”, le portentose linee di chitarra di “Hammer To Fall” create dal sempre sul pezzo, Bryan May, il basso iconico e “scientifico” di John Deacon.
Epperò, “The Works” non sarebbe “The Works, se non contenesse al suo interno una delle pietre miliari della discografia dei Queen: “I Want To Break Free”. Non “una canzone”, non un semplice brano, non solamente un’accattivante melodia pop. La traccia numero sei dell’album in questione, infatti, rappresenta – allora come oggi – un vero e proprio inno alla libertà ed alla consapevolezza. La controparte edonista, ma non per questo, meno sentita, dell’uomo che aveva ucciso sé stesso tra le pieghe poetiche di “Bohemian Rapsody”. E cosa dire dell’iconico video mandato in heavy rotation da Mtv? Nulla che non sia stato già sviscerato. Ed allora ci limitiamo ad evidenziare tutta la magnificenza di un disco che oggi compie quarant’anni, ma che suona ancora fresco, moderno, scintillante.
Il “diploma” dei Queen prima della “laurea” del Live Aid…
Pubblicazione: 27 Febbraio 1984
Durata: 37:15
Dischi: 1
Tracce: 9
Genere: pop-rock, hard-rock
Etichetta: EMI – Capitol
Produttore: Reinhold Mack
Tracklist:
- Radio Ga Ga
- Tear It Up
- It’s a Hard Life
- Man on the Prowl
- Machines (or ‘Back to Humans’)
- I Want to Break Free
- Keep Passing the Open Windows
- Hammer to Fall
- Is This the World We Created…?