Leeds sicuramente non è la città più interessante da visitare nel Regno Unito per le sue bellezze artistiche: lo Yorkshire è sempre ricordato per le sue industrie dell’acciaio (non a caso Sheffield viene definita la steel city), ma la vivacità di Leeds, la sua vitalità, il calore della sua gente, le sue università e quella sua voglia infinita di musica la rende piacevolissima ai nostri occhi fin dalla prima volta che l’abbiamo visitata quasi 20 anni fa, anche quando, come spesso accade, il meteo non è dei più clementi.
Nel corso degli anni la città dello Yorkshire (insieme anche ad altre della stessa regione) ha fatto uscire numerose band interessanti, dai Cribs ai Kaiser Chiefs, dagli Sky Larkin agli Alt-J, passando per nomi storici come Gang Of Four o The Sisters Of Mercy: oggi ci troviamo, invece, di fronte alla seconda prova di un gruppo che con il suo debutto, “The Overload”, uscito a gennaio 2022, aveva saputo raccogliere consensi pressoché unanimi, consacrati poi dai loro esaltanti live-show portati in giro per tutto il mondo.
Sarà quindi molto interessante poter studiare questo sophomore per vedere se e come i quattro ragazzi dello Yorkshire sono riusciti a crescere e a mettere un nuovo tassello significativo nel loro percorso musicale.
Registrato nei ritagli di tempo tra i loro numerosi tour, “Where’s My Utopia” è stato prodotto dagli stessi Yard Act insieme a Remi Kababa Jr. dei Gorillaz, mentre tra le sue influenze la band inglese cita Fela Kuti, Ennio Moricone e il successo pop degli anni 2000 di Spiller “Groovejet”.
Il post-punk del loro debutto non è del tutto dimenticato, ma ci sono tanti nuovi interessanti già partendo dalla opening-track “An Illusion”, che utilizza sia melodie pop delicate e rilassanti con tanto di archi, non dimenticando però l’importante lavoro delle percussioni in sottofondo che contribuisce a dare un ritmo al brano.
Energico e funky, il singolo “We Make Hits”, vede elementi sia rap che post-punk, oltre a ottime linee di basso, mentre riesce a farci muovere con quel suo inarrestabile coro.
Il mondo hip-hop è citato anche in “Down By The Stream”, altro brano pieno di energia, ma anche di follia e fiati e ci ricorda i Cypress Hill: nell’ultimo minuto e mezzo del pezzo trova invece spazio una lunga parte spoken-word dai toni assolutamente rilassati.
“Dream Job” sembra volerci fare un tuffo nel pop anni ’80 con quei suoi grandiosi e deliziosi cori, in cui possiamo godere di numerose percussioni che aggiungono un non so che di dancey a questa canzone.
Se inizialmente “When The Laughter Stops” puo’ sembrare un brano post-punk con quel basso sporco e cattivo, poi – una volta entrata anche Katy J. Pearson – si trasforma in qualcosa di dancey e diventa travolgente e irresistibie.
La traccia più interessante tra queste undici è sicuramente “Blackpool Illuminations”: nei suoi oltre sette minuti il frontman James Smith ci offre un lungo e riflessivo racconto in spoken-word, mentre in sottofondo la strumentazione non diviene mai aggressiva, anzi si contraddistingue per la sua eleganza composta da percussioni jazzy, gentili tocchi di chitarra e perfino da educati archi e fiati, inaspettati quanto graditi.
Davvero un ottimo lavoro da parte degli Yard Act che hanno saputo costruire un sophomore non solo interessante, ma ricco di nuove qualità e se, come dicevamo poco sopra, alcuni elementi post-punk rimangono nel loro DNA, è davvero apprezzabile ascoltare anche tante influenze non presenti in passato nella loro musica: chissà dove li porterà il prossimo passo.