Con “The Great Calm” la formazione belga dei Whispering Sons giunge alla terza prova sulla lunga distanza riproponendo un mood sempre new wave/post punk oriented ancorché questa volta il sound riesce a nascondere, più di una volta, la sua naturale cupezza arricchita dunque da una fisiologica maturità.

Credit: Daniil Lavrovski

Mentre l’opener “Standstill” prosegue le trame dell’ottimo “Several Others” del 2021 condividendone ispidezza e rigidità, la successiva “Walking, Flying” si proietta su ambientazioni di sponda White Lies dai contorni più granulosi ma decisamente incisivi complice, ovviamente, la particolare voce della frontwoman Fenne Kuppens.

La terza fatica della band d’oltralpe delinea percorsi più profondi e accurati manifestandosi in un rollercoaster di suoni che si aggrovigliano ora su trame meste e malinconiche figlie del passato di genere di Joy Division memoria come la soffusa “Cold City” (che ricorda “The Eternal” dei mancuniani), ora con efficaci derive moderne che evocano Interpol e affini come in “Something Good”, “Loose Ends” e la conclusiva “Try me Again”.

Prodotto dalla stessa band insieme all’attuale bassista Bert Vliegen, “The Great Calm” è stato concepito dopo l’uscita di “Several Others”, in un periodo di due anni, e realizzato nel giro di quattro settimane, due nello studio Audioworkx vicino a Eindhoven, in Olanda, prima di essere finito all’inizio del 2023 utilizzando un set-up fatto in casa a Vlieland, una piccola isola olandese appena al largo della costa del Mare del Nord dove alla corte di Claudius Mittendorfer e Laurens Grossen l’album ha successivamente preso forma.

“Penso che la cosa più importante per noi sia che ci siamo incontrati come gruppo di amici e abbiamo fondato la band”, dice la Kuppens, “questo è qualcosa che nasce dall’amore per la musica e dal desiderio di suonare insieme”

Le dodici tracce del full-length risentono dunque della nuova line-up che ha in realtà subito solo un riassetto con il batterista originale Sander Pelsmaekers che ha dovuto abbandonare la musica per infortunio ed ora si destreggia ai sintetizzatori nonché riviste il ruolo di tour manager del gruppo. Il bassista Tuur Vandeborne è invece passato alla batteria, mentre il tecnico del suono e produttore della band Bert Vliegen ha imbracciato il basso. Le chitarre rimangono ben salde tra le braccia di Kobe Lijnen mentre la Kuppens occupa stabilmente il ruolo di paroliere.

Se la sezione ritmica fa da padrona in quasi tutti gli episodi (top nella curiosa “The Talker), le chitarre non si fanno da parte ed anzi risultano taglienti e ficcanti come negli intermezzi di “Poor Girl” avvolta da una coltre oscura e inquieta.

“The Great Calm” si colloca senza dubbio nel ricco e affollato panorama post-punk tuttavia si farà notare non solo per la caratterizzante voce della Kuppens ma anche per le copiose sonorità ricercate e riconoscibili.