Ovvero la serie che (non) deve vedere chi come me lavora per un colosso del retail giapponese.
Scherzi a parte: grandiosa. Da vedere senza esitare, a meno che non si sia proprio allergici a ricostruzioni storiche minuziose, che ad onor del proprio realismo e della messinscena titanica si prendono tutto il tempo che necessitano.
Le preoccupazioni destate da una produzione americana di una serie ambientata nel giappone feudale vengono spazzate via dal sontuoso cast (quasi) interamente nipponico, dalla minuzia delle ricostruzioni sia storiche che scenografiche e (leggo) dalla grande fedeltà al testo di partenza.
Il budget deve essere stato enorme e si vede, sia nelle scene di battaglia non prive di sfumature gore, che nelle scenografie e nei costumi che hanno il rigore rappresentativo quasi di un museo di storia. I dieci episodi incollano allo schermo sia con i loro intrighi fitissimi, sia spaesando lo spettatore (occidentale) che, al pari dell”Anjin” (il protagonista inglese della serie), si troverà immerso in un mondo di codici antichi e priorità ribaltate che solo con il passare del tempo sarà in grado non di far proprie ma almeno di comprendere.
Cast assurdo del quale vanno ricordati almeno tre nomi principali. Hiroyuki Sanada nel ruolo del nobile Toranaga, una figura che quasi racchiude lo spirito del Giappone, Tadanobu Asano in quello del sadico opportunista ma simpatico Yabushige e una sofferente ma composta Anna Sawai nei panni di Mariko.