Una location tra le migliori offerte per questo tipo di eventi (ampliata occasionalmente per questa edizione), line-up per la quale vale la pena affrontare una sfiancante maratona fatta di continui spostamenti, meteo sempre clemente (quest’anno sarebbe forse più giusto dire ‘quasi clemente’ considerato il freddo inaspettato che abbiamo patito, ma comunque non ha mai piovuto). La nostra terza presenza consecutiva al Primavera Sound non risponde, ancora, alla fatidica domanda ‘è veramente il #bestfestivalever?’, citando l’abusato tag introdotto dagli stessi organizzatori, ma rafforza più che mai la convinzione di trovarsi al cospetto di una delle esperienze live/musicali da vivere almeno una volta nella vita.

Il primo giorno di questo Primavera Sound edizione 2013 verrà  ricordato dal sottoscritto come la giornata della “‘grande scarpinata’. Tutti i live più interessanti si alternano infatti con precisione quasi chirurgica tra lo stage Primavera, palco posizionato vicino all’entrata del grande parco, e l’Heineken relegato invece nel punto più lontano dell’intera, mastodontica, location e diventato quest’anno più che mai “‘scenario’ principale.

Da qui, all’ombra della grande ruota panoramica stile Coachella, parto nel tardo pomeriggio. Concedo ai Wild Nothing una seconda chance, dopo il per nulla esaltante concerto romano di diversi anni fa (era il tour di “Gemini”). In una location decisamente “‘esagerata’ Jack Tatum e soci non spostano di una virgola il mio giudizio. Poco incisivi, noiosi, le loro trame dream pop si perdono di fronte ad un pubblico immobile e per nulla coinvolto. Questa volta archivio del tutto la pratica ‘Wild Nothing ottimi su disco, prescindibili dal vivo’.

Di ben altra pasta le tanto chiacchierate Savages che raggiungo dall’altra parte del parco con la prima delle interminabili traversate. Ok, sonorità  e soprattutto movenze on-stage sono uno spudorato plagio estetico/sonoro a Joy Division e tutto il filone post-punk ma l’impatto live delle 4 ragazze risulta decisamente efficace. Jehnny Beth ha presenza scenica, le altre doti di musiciste rodate, il set scivola via adrenalico trascinato dai singoli “City’s Full” e “Husband”. La band si trova a suo perfetto agio in una dimensione live, ulteriore conferma ne è l’abilità  con la quale le nostre si tolgono d’impaccio di fronte all’ “‘infortunio’ che rischia di comprometterne l’esibizione. La Thompson si ritrova con la chitarra fuori uso, armeggia per più di dieci minuti con cavi e amplificatori mentre le altre vanno avanti come se niente fosse. Anche la prova dello “‘show must go on’ viene superata a pieni voti.

Poco felice appare invece la scelta di far esibire i Tame Impala in prima serata. Il sole in discesa sul Parc Del Forum non fa apprezzare al meglio i visuals in tipico stile “‘sviaggioni acidi’ allestiti alle spalle di Turner. Rimpiangiamo il buio solo per pochi minuti, i Tame Impala ci conducono da subito nel loro universo di rarefatta psichedelia. Tutto il bene che avete sentito su questi australiani è giustificato, in studio e sul palco siamo al cospetto di una band destinata a lasciare il segno ancora per tanto tempo.

Impossibile poi non presenziare, in primissima fila, al ritorno in terra catalana di J Mascis e soci. Con grande gusto e piacere, allora, ci facciamo pettinare (termine quanto mai azzeccato a giudicare la chioma di J) dalle scariche di rumore e melodia che solo i dinosauri sono in grado di allestire. “Feel The Pain”, “Freak Scene”, “Start Choppin”, “No Bones” sono quei ‘monumenti’ distorti della scena alternative americana ai quali ogni festival che si rispetti, soprattutto in questi tempi di continui revival musicali, dovrebbe sempre trovare tempo e modo di rendere omaggio.

Operazione “‘amarcord’ decisamente più votata all’hype è il successivo live dei Postal Service. A Ben Gibbard e Tamborello, supportati da una Jenny Lewis in grande forma, basta infatti infilare in rapida successione tutti i pezzi contenuti in “Give Up” per raccogliere il consenso unanime di chi, come il sottoscritto, quell’album lo scoprì dieci anni fa amandolo fin da subito. A mente fredda condivido però tutte le perplessità  avanzate nel vedere i Postal Service, band ferma al palo da circa un decennio, designati headliner di questo e altri festival (vedi Coachella). Il perchè di questa scelta mi rimane ancora oscura.

La palma di migliori performance di giornata la vincono Grizzly Bear e Phoenix.
Ed Droste e soci dividono il set quasi interamente tra gli ottimi “Shields” e “Veckatimest” mantenendo sempre alta la carica emotiva della loro perfomance. Armonie vocali e arrangiamenti impeccabili, coreografia dal forte impatto scenico, canzoni che nonostante la struttura complicata arrivano a cuore e orecchie con disarmante semplicità . Vederli dal vivo (al più presto) deve essere in cima alla vostra lista “‘things to do’ di questo 2013″….

Come capitato per i Postal Service, concedere ai Phoenix il main-act di giornata era sembrata scelta quanto meno discutibile. A differenza di Ben Gibbard e soci però bastano pochi minuti ai francesi per sgomberare il campo da qualsiasi dubbio in merito alla loro presenza su quel palco e in quell’orario. Piacciano o meno ai Phoenix va sempre riconosciuta l’abilità  di allestire uno show ‘pop’ tra i più divertenti in circolazione. “Lisztomania”, “Long Distance Call” “1901” fino alle più recenti “Entertainment” e “Trying Be Cool” sono singoli (e troppi ne hanno lasciati fuori dalla scaletta”…) capaci di trasformare una qualsiasi, enorme, platea festivaliera in un party a cielo aperto. Sul finire del set poi ci scappa anche un featuring di J Mascis alla chitarra “…insomma della serie “‘Thomas vincere a mani basse non vi bastava, vero???’

Se i Phoenix si confermano una certezza, gli Animal Collective continuano a rimanere, almeno per il sottoscritto, materia misteriosa. Geni incompresi ? Cazzoni strafatti ? Assisto per la quinta volta ad un loro concerto e ancora non riesco a farmi un’idea precisa. Il live, più suonato rispetto ad altre occasioni dove il set era quasi totalmente elettronico, vive i suoi picchi solo in occasione delle attese “My Girl” e “Today’s Supernatural”, per il resto colpisce più la scenografia allestita sul palco (denti gonfiabili giganti sparsi un po’ ovunque) che l’esibizione dei quattro. Il collettivo animale, ancora una volta, lo rimandiamo a settembre”…

Foto Thanx to Dani Cantó