Reduci dai loro due primi album autoprodotti i Crack Cloud si ripresentano con un nuovo album, questa volta per la casa discografica Jagjaguwar, attraverso il quale molto probabilmente riusciranno ad ampliare la platea dei loro ammiratori e a conquistare uno spazio più definito al loro progetto.

Credit: Press

Una band che fin dall’inizio si è presentata come una comune aperta a varie collaborazioni ampliando in ambito multimediale un’ esperienza musicale assolutamente indipendente che si basa sulla carismatica figura di  Zach Choy e li vede capaci di curare e produrre ogni aspetto necessario alla formazione artistica delle loro idee.

In questo nuovo lavoro la band smussa gli angoli concedendosi una maggiore apertura a tracciati melodici, non rinunciando comunque a un approccio tipico e caratteristico che non lascia mai spazio ad una forma di canzone tradizionale.

Il risultato è un album molto bello dove lo spazio vocale viene lasciato a più interpreti mentre le liriche mostrano la solita capacità di Zach Choy di trovare sempre rime originali e contenuti interessanti, non mancano riferimenti a temi già affrontati dolorosamente in altri lavori ( la tossicodipendenza, la morte del padre) mentre per ogni brano i temi sembrano a volte rincorrersi e completarsi nei contenuti espressivi.

I Crack Cloud mantengono il loro spirito indipendente ma in questo lavoro appaiono piu’ immediati (in questo caso un pregio e non un difetto), a partire dal primo brano “Crack Of Life” che aggancia immediatamente l’ascoltatore tramite strati musicali tipici della band e cori.

Il seguente brano “The Medium” è un incursione nel mondo punk, nel quale sarebbe limitante posizionarli, ma che e’ in un certo qual modo anche il loro mondo, personalmente anche nel passato ho visto in loro la stessa potenza espressiva dei Clash, e nel brano si finisce con il parlare proprio del primo movimento punk con “Figure slanciate dai fremiti più radicali Una propensione alla dissonanza che fa rabbrividire i normali” poi sfruttate dall’industria musicale.

Il pezzo successivo si muove sulla stessa dimensione punk e Zack sembra mettere le mani avanti “ Penso di essere nato per poter realizzare questa canzone / E penso che tu sia nato per potermi dimostrare che avevo torto / Penso che farai notare quanto queste note siano banali /E lo ammetto perché i critici hanno sempre ragione…”, scelto come singolo è un brano decisamente riuscito.

Il lavoro scorre via tra brani con arrangiamenti che coinvolgono varia strumentazione dal pianoforte ai fiati a vari strumenti a corda, sceglierne qualcuno è difficile ma sicuramente una citazione la merita “Epitaph” con le sue vibrazioni stile Arcade Fire, “Ballad Of Billy” carica di fiati che melodicamente e vocalmente ricorda il migliore Pete Doherty e il bellissimo brano di chiusura “Lost On The Red Mile” vero punto altissimo dell’album che dura più di otto minuti senza stancare mai.

I Crack Cloud fanno centro con un lavoro che, per quanto non lasci spazio al concetto tradizionale di canzone, li rende più accessibili e immediati, Zach Choy dimostra ancora una volta di essere un grande talento capace di dosare e mediare la sua creatività al servizio del brano e delle collaborazioni non rinunciando alla proprie idee e mantenendo alto il fascino indiscusso della band.

Un grande album che conferma come i Crack Cloud siano una delle migliori band in circolazione.