È musica urgente e selvaggia, imbevuta di gioia e caos, quella che ci viene proposta dai canadesi Fucked Up che, con il loro nuovo album intitolato “Another Day”, danno forma a un post-hardcore in costante bilico fra pura energia e fine spontaneità. Anche in questo caso la band di Toronto dà mostra di grande classe e raffinatezza, seppur continuando ad andarci giù davvero pesante con nove potentissime tracce dominate dal vocione da orco del cantante Damian Abraham.
Quella dei Fucked Up è una verve distruttiva che però si risolve sempre nel desiderio di costruire qualcosa di realmente innovativo. A farli andare ancora avanti, dopo tanti anni di onorata carriera, sono una fervida curiosità e una creatività priva di confini che sanno farsi incendiarie quando a prendere il sopravvento è il consueto, irreprimibile desiderio di sperimentare e “giocare” con le caratteristiche tipiche del punk rock più rumoroso. Un istinto che è da più di due decenni alla base del loro modus operandi.
Melodie poderose e mura di elettricità cingono le canzoni di “Another Day”, brillante esempio di post-hardcore mutante e progressivo, contraddistinto dall’ottimo lavoro svolto dai chitarristi Mike Haliechuk e Josh Zucker. I due costruiscono strati e strati di riff che, “accumulandosi” uno sull’altro, formano un tessuto connettivo capace di rendere estremamente solidi e convincenti brani tanto immediati quanto complessi.
Ogni singola traccia rappresenta un paesaggio sonoro a sé stante: si va dalla violenza “festosa” di “Face” ai grezzi barocchismi di “Tell Yourself You Will”, passando ancora per l’indie rock sotto steroidi di “Follow Fine Feeling” e il post-hardcore atmosferico e ultra-sperimentale di “More”. Tanta varietà in un disco decisamente ricco e interessante dove, a fare da collante, è il consueto talento degli immarcescibili Fucked Up.