Quarto album in dieci anni per gli Ist Ist che, di fatto, sono diventati un punto di riferimento della scena post-punk di Manchester, e non solo. All’ottimo esordio “Architecture”, uscito in piena pandemia e di pura matrice Joy Division, ha fatto seguito il più cupo ed elettronico “The Art Of Lying” che ha avuto il merito di far entrare la band nel circuito mainstream.

Credit: Bandcamp

“Light A Bigger Fire” segue le orme del precedente ottimo “Protagonists” – il migliore della band a parer mio – e vede i mancuniani proiettati verso un sound pop oriented senza tuttavia abbandonare il post-punk d’ordinanza. Il nuovo lavoro è un concentrato di brani incisivi che coinvolgono sin dal primo ascolto con i loro refrain diretti e dal sound immediato. Il trittico iniziale formato dalla vorticosa “Lost My Shadow”, dalla interpoliana “The Kiss” e dalla successiva “Repercussions”, che riporta alla memoria i connazionali White Lies, dimostra ancora una volta come gli Ist Ist non vogliano scendere a compromessi, restando dunque fedeli alle loro sonorità.

Dopo le note ruvide dei brani d’apertura il full-lenght assume connotati più earworm con le successive “I Can’t Wait for You” e le sue derive industrial, da “Dreams Aren’t Enough”, dal synth-pop dell’orecchiabile “What I Know”, che ricorda i Depeche Mode, e da “Hope to Love Again” di sponda ultimi Editors invece.

Insomma la compagine britannica composta da Adam Houghton (chitarra e voce), Mat Peters (chitarra e sintetizzatori), Andy Keating (basso) e Joel Kay (batteria) non fa nulla per nascondere le proprie ispirazioni rappresentando comunque una fresca ed attuale alternativa al genere.

La tracklist sebbene derivativa, complice peraltro la voce baritonale del frontman, scorre via senza indugio alcuno merito di una scrittura e di arrangiamenti curati che probabilmente raggiungono il loro momento migliore in conclusione del lavoro con l’oscuro binomio formato dalla psichedelica “XXX” e, soprattutto, dall’accorata e nostalgica ballad per pianoforte “Ghost”.