Difficile scindere i Tears For Fears dagli anni Ottanta e gli anni Ottanta dai Tears For Fears. Già. Perché a metà di quel decennio così glamour e patinato, il duo composto da Roland Orzabal e Curt Smith ha rappresentato uno dei punti di riferimento più luminosi per il regno delle sette note. E non solo per i videoclip colorati e la lacca à gogo.

Sia chiaro, i Nostri – al netto di una separazione artistica alquanto dolorosa e di una successiva riappacificazione oltremodo auspicata – hanno realizzato lavori degnissimi anche nelle decadi successive, ma il successo, quello vero, è entrato in tackle sui due musicisti britannici anche e soprattutto durante l’era “Songs From The Big Chair” (Sì, il disco di “Shout” e di “Everybody Wants To Rule The World”). All’improvviso, infatti, due ragazzotti del sud ovest inglese si sono ritrovati al centro della ribalta, battagliando nelle classifiche mondiali con gente come Michael Jackson, il Boss e Madonna (solo per citarne alcuni).

Quando “The Seeds Of Love” vede la luce – il 25 settembre del 1989 – i Tears For Fears sono reduci da quattro anni di pausa e di crisi mistiche, incapsulati all’interno di un andazzo discografico che li vorrebbe sempre più prolifici. L’intento di Orzabal e Smith, però, è quello di dimostrare al mondo che il pop-rock spaccacharts rappresenti solo una delle tante sfumature della loro proposta musicale. In parole povere, con “The Seeds Of Love” i due vogliono arrivare al (grande) pubblico attraverso delle sonorità decisamente più sofisticate.

“Woman In Chains”, il pezzo che apre le danze dell’album in questione, mette subito le cose in chiaro: si tratta, infatti, di una traccia dalle nette sfumature soul condita da una forte, fortissima componente strumentale e dalla forte influenza (almeno nelle intenzioni) dei Beatles. Insomma, una vera e propria dichiarazione d’intenti. “Sowing The Seeds Of Love”, invece, appare già più immediata, grazie ad un refrain che è, allo stesso tempo, epico e incisivo. La prima parte del brano, tra l’altro, verrà scritta da Orzabal in seguito alla rielezione per il terzo mandato di Margaret Tatcher nel 1987. La cara vecchia Margy, tanto cara pure a quel genio assoluto di Roger Waters, viene menzionata fra le pieghe del testo come “politician granny” (nonna politicante).

“Advice For The Young At Heart” e “Year Of The Kinife” rappresentano gli altri punti forti di una tracklist dannatamente compatta, piena zeppa di brani che farebbero la fortuna di una dozzina di band attuali. Poco ma sicuro. E cosa dire di “Famous Last Words” se non che va a concludere in maniera sfavillante una delle opere musicali più belle mai partorite dai tanto bistrattati Eighties? Ecco. Ogni tanto bisognerebbe svincolarsi dai soliti (pre)giudizi affrettati e tuffarsi – con religiosa dedizione – nell’oceano creativo di band che non avranno lo stesso blasone dei sopraccitati Fab Four o degli stessi Stones, ma che hanno contribuito – in maniera significativa – a traghettare l’universo musicale verso lidi maledettamente entusiasmanti.

Il 1989, dunque, non è stato solo l’anno dell’esordio degli Stone Roses, della caduta del muro di Berlino e dell’Inter dei record, ma anche dei Tears For Fears e di questo splendido album. Più che una pietra miliare, una pietra tombale sul decennio delle tastiere e dei motivetti appiccicosi. Questa, però, è un’altra storia.

Pubblicazione: 25 settembre 1989
Durata: 49:31
Dischi: 1
Tracce: 8
Genere: art-pop, pop psichedelico
Etichetta: Mercury Records
Producer: Dave Bascombe

Tracklist:

  1. Woman In Chains
  2. Bad Man’s Song
  3. Sowing The Seeds Of Love
  4. Advice For The Young At Heart
  5. Standing On The Corner Of The Third World
  6. Swords And Knives
  7. Year Of The Knife
  8. Famous Last Words