Preannunciato da un’attesa via via divenuta sempre più grande, degna di quei casi in cui l’album d’esordio, la carriera fin qui esibita assurgono a punti di riferimento per tutto un popolo di afecionados ma anche di addetti ai lavori, pronti a carpire i bagliori di dove stiamo andando, “In Waves”, alla fine, suona come quasi beffardo di fronte a tanto hype, spostando il centro della questione dalla ricerca sofisticata all’artistico mestiere di intrattenitore da dancefloor, allargando la platea dei possibili ascoltatori e forse deludendo i palati più fini che aspiravano a qualcosa di più esclusivo.
Di fatto, la seconda fatica del leader degli XX è una gioiosa, divertita prova di dj set trasportata su album, con il semplice intento di rinverdire il sano clima di leggerezza e di gusto di vivere che accompagna le serate passate a ballare, quell’universo piccolo che risiede in ciascun di noi, dove lasciarsi andare in momenti di puro piacere sensoriale diventa la massima aspettativa, in cui quella stretta via diventa un punto di infinito, lungo a discrezione soggettiva. Il senso di queste canzoni è questo, un excursus fisico e temporale, dalla preparazione emotiva alla serata (evidente nella wave dell’iniziale “Wanna”, quando si parla di desiderio…) per poi passare alle danze nel mezzo fino alla finale discesa di “Falling Together” (“That’s here/That stage, that dancer/There a whole world in that dancer/A microcosm of everyone you love”); ma è anche un’escursione fra i generi amati da Jamie, sana house deep o meno anni 90, breakbeats irresistibili, un’idea di club culture che fa venire in mente i mitici Basement Jaxx, Faithless , gli stessi Avalanches qui presenti e tutta quella pletora di band che hanno abbellito e reso dignitoso fuori dal dancefloor questo vitalissimo genere. mai sopito e che qui ritorna finalmente e prepotentemente in vista.
Ognuno ci può trovare quello che gli piace, c’è un larghissimo scivolo all’entrata di “In Waves”, per farsi trasportare da questo caleidoscopio sensitivo mirabilmente prodotto dalle mani di un talentuoso artista dei nostri tempi, capace di trasmettere anche l’emozione del sample in modo pionieristico, dove la conoscenza, il background diventa fruibile, non vezzo tecnico nè elemento dissacratorio, ma continuità dentro breakbeats precisi, solidamente distanziati, classici ma rinnovati, dal groove immediato: una piacevole sensazione di pulizia e fluidità che attraversa tutto l’album , resa ancora più forte dall’immancabile, stringente malinconia di fondo, che lascia l’effimero di cui ci nutriamo come l’alimento più illusorio e quindi necessario di cui possiamo disporre.