Che cosa deve avere al giorno d’oggi un album dalla forte indole cantautorale per essere diverso dai tanti già pubblicati? A questa domanda potrebbe rispondere Christian Lee Hutson autore ormai maturo capace fin dall’esordio “Beginners” (2020) di tracciare un percorso artistico importante proseguito due anni dopo con “Quitters” prodotto da Phoebe Bridgers e Conor Oberst.

Credit: Michael Delaney

Bridgers che torna al timone anche per “Paradise  Pop. 10” affiancata da Marshall Vore e Joseph Lorge. Terzo disco che prende il nome da una piccola cittadina di Parke County (Indiana) vicino a dove Christian ha trascorso l’infanzia e vede Lee Hutson toccare ancora le corde della sincerità con il folk intimo e confidenziale di “Tiger” e poi dedicarsi a cavalcate dall’indole più ritmata e  dagli accattivanti ritornelli come “Carousel Horses”.

“Autopilot” rilegge abilmente il folk degli Appalachi evocato anche in “Water Ballet”,”Candyland” trascina in territori country familiari al buon Christian che sa trovarsi a proprio agio in ballate piano e voce intense come “Flamingos” e in brani classici ma mai scontati come “After Hours”, la dolce “Forever Immortalized” e “Skeleton Crew” arrivando perfino a giocare col pop rock in “Beauty School” e  c’è Katy Kirby ai backing vocals.

Ecco tornando alla domanda iniziale la differenza qui la fa un certo modo di scrivere testi e ritornelli (“I’m not a doctor but I think / You have a broken heart / I write fan fiction of life / I could write you a happier part” in “Fan Fiction” ad esempio)  il saper creare un’atmosfera calda, familiare e soprattutto genuina cosa che Christian Lee Hutson dimostra ancora un volta di poter fare in un disco solido e di classe, che descrive meglio di molti altri i piccoli e grandi eventi della vita.