Ed ecco che arrivano i californiani Blous3, che ci porgono sul piatto un ottimo album di noise rock fresco ed eccitante. Un pugno sonoro che ci riporta indietro di almeno trent’anni, facendoci rivivere l’epoca dorata di Sonic Youth e Unwound (senza arrivare a quei livelli di qualità, ça va sans dire). “Synchronized Swimming”, infatti, mescola influenze anni ’90 con una carica moderna e viscerale. Un disco che piacerà sicuramente ai nostalgici del sound più sporco del passato, ma che non si limita a replicare vecchie formule.

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Il disco colpisce l’ascoltatore come un cazzotto in faccia – con una potenza, una rabbia e un’energia alla quale non siamo più abituati. Ogni traccia sembra costruita per dare una scossa, sia per la sua intensità sonora sia per la tensione emotiva che trasuda da ogni accordo. Le chitarre abrasive, il basso distorto e il feedback costante ricordano la lezione impartita dai grandi del tempo che fu; ma la band riesce a mantenere una freschezza tutta sua, sporcando la base noise con elementi di post-hardcore, punk rock e no wave. La contaminazione arricchisce il suono e conferisce al disco una complessità sorprendente, evitando che si riduca a un semplice omaggio ai fasti del passato.

Il rumore assordante che caratterizza l’intero lavoro è uno dei suoi principali pregi. Sotto la coltre di distorsioni e dissonanze, tuttavia, c’è molto di più: si distingue chiaramente il battito del cuore di una band che sa bene quello che fa. I Blous3 non si perdono mai nel caos sonoro che creano; al contrario, gestiscono sapientemente ogni passaggio, dosando con maestria i feedback e le dissonanze in modo da mantenere intatto l’impatto emotivo. È qui che si nota la grande abilità del gruppo: il noise rock, nelle loro mani, diventa un genere complesso e articolato, che non perde nulla in termini di tensione, potenza e immediatezza.

Riley Partanen, cantante (non unica) della band, è una presenza fondamentale all’interno di questa tempesta sonora. La sua voce, stonatissima ma dannatamente appassionata, si insinua tra le pieghe delle canzoni come un’ombra melodica debole ma persistente. La furia e la sofferenza che trasmette sono palpabili, come se ogni parola fosse pronunciata con fatica e disperazione. È una voce che non cerca la perfezione, ma la verità, e proprio per questo rende l’ascolto un’esperienza tanto dolorosa quanto elettrizzante.

Nel suo piccolo “Synchronized Swimming” è un album che riesce nell’impresa di restituire al noise rock un ruolo di primo piano senza perdersi in sterili operazioni di revival. È un lavoro per alcuni aspetti complesso, ma anche (e soprattutto) viscerale, ruvido, autentico e carico di un’energia che non si trova più tanto spesso in ambito alternative. Una piacevole sorpresa per chiunque abbia voglia di un assalto sonoro ben calibrato.