Fa riflettere la definizione data dagli stessi Chat Pile per descrivere la loro musica: un’incarnazione soffocante e grottesca dell’angoscia esistenziale che ha definito il XXI secolo. Nient’altro che una lunga e dolente marcia funebre per il sogno americano che, ucciso da un sistema di potere spietato e cinico, ha finito col trasformarsi nel terrore strisciante e omnicomprensivo che domina le esistenze di tutti gli abitanti non solo di quell’entroterra statunitense dove la band di Raygun Busch è nata e cresciuta, ma dell’intero pianeta Terra.

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Quella Terra che, nella visione sfrontata e apocalittica dei Chat Pile, si scinde in due emisferi distinti ma strettamente connessi tra loro. Da un lato abbiamo un mondo fantastico, capace ancora di sorprendere e regalare flebili speranze, e dall’altro ne abbiamo uno freddo, indiscutibilmente sempre più preponderante (come ben ci dimostrano le incessanti atrocità alle quali siamo ormai totalmente assuefatti). Questa duplice natura è proprio alla base del “Cool World” che dà il titolo al secondo album del gruppo americano, autore di un’altra prova maiuscola dopo il più che convincente debutto “God’s Country” uscito poco più di due anni fa.

I Chat Pile non fanno prigionieri. Vanno dritti alla gola degli ascoltatori con quaranta minuti di musica psicotica, abrasiva, selvaggia e malsana che, come fosse una freccia infuocata, si conficca nel cuore trasformandolo in un ammasso di carne putrescente che tuttavia, per qualche strana magia, continua a pulsare al ritmo di una passione indomabile. La band di Oklahoma City si aggrappa alla forza rivoluzionaria delle emozioni – di tutto quel groviglio di sensazioni intense che ci attanagliano, negative o positive che siano – per dar forma a dieci canzoni che colpiscono come un pugno allo stomaco e confortano come una carezza all’anima.

Dalla fusione tra sludge metal, noise e post-punk nasce un sound possente e cupissimo, per molti aspetti deprimente e disperato, che tuttavia brilla di un’energia catartica alla Killing Joke che si concretizza con particolare forza nelle canzoni più articolate e contaminate, nelle quale volteggiano persino timide ombre melodiche (“Shame”, “Camcorder”, le nirvaniane “Masc” e “Milk Of Human Kindness”). La tensione si taglia col coltello ma, sotto il fuoco incrociato di ritmi tellurici e di riff essenziali di scuola nu metal (si avverte in maniera chiara l’influenza dei Korn dei primi due indimenticabili dischi), si cela un’umanità vera, combattiva e per nulla apatica che non vuole ancora arrendersi del tutto al trionfo delle tenebre. Che scalpita per esprimere i suoi sentimenti, seppur trucidi e tossici.

I Chat Pile di “Cool World” si muovono sul sottile filo che divide la luce dal buio in un disco che, a partire dalla dissolvenza iniziale della straordinaria “I Am Dog Now” fino agli ultimi secondi della sulfurea “No Way Out”, mantiene altissimi i livelli di qualità grazie a un’intensità che non cala davvero mai, neanche quando i toni si fanno più quieti o sommessi. La band gioca col pathos tipico della migliore musica estrema per mantenere l’ascoltatore sempre all’erta, tenendolo costantemente sulle spine a bordo di un ottovolante fatto di dissonanze, distorsioni, rumori inquietanti e urla mortifere. Vi sembra un’oscenità? Un pozzo senza fondo di miseria, disperazione e orrore? Non lo è per niente: è il suono della vita nuda e cruda in questo freddo, fantastico mondo.