Il nuovo album dei Nap Eyes – ovvero, una delle formazioni indie-rock più interessanti della scena canadese e internazionale – rispetta appieno la “legge delle due P”. Già, perché l’opera nuova dei Nostri – “The Neon Gate” – suona, allo stesso tempo, in maniera psichedelica e poetica. Poco da dire.

Credit: Alex Blouin & Jodi Heartz

Si tratta, infatti, di nove tracce che trasudano gusto e raffinatezza da ogni singola nota e che trasportano, chi ascolta, in un oceano di sonorità curate con estrema consapevolezza. Tradotto in soldoni, Nigel Chapman, Brad Loughead, Josh Salter e Seamus Dalton (questi i nomi dei componenti della band) hanno realizzato uno dei dischi più interessanti di quest’annata musicale. Del resto, basta ascoltare un brano come “Dark Mystery Enigma Bird” per rendersi conto di trovarsi al cospetto di un gruppo che sa decisamente il fatto suo.

Il pezzo in questione, infatti, rappresenta uno dei migliori biglietti da visita per “The Neon Gate”. E cosa dire di “Demons” e “Feline Wave Race”? Se la prima riesce a muoversi su territori regali, ma un po’ più canonici, la seconda è un vero e proprio trattato sull’indie-rock e la sua indiscutibile sacralità. Va da sé, naturalmente, che per assaporare ancor di più il quinto album in studio (nonché successore di un altro bel dischetto che rispondeva al nome di “Snapshot of a Beginner”) della formazione nordamericana c’è bisogno di una devozione assoluta all’ascolto e di una certa predisposizione ai dettagli più reconditi.

Come quelli che sanno di polvere e di epica contenuti in “Passageway”. Il finalone roboante di “Isolation” – una mid elettrizzante che dura ben otto minuti – cala il sipario su di un album che conferma tutta la creatività compositiva dei Nap Eyes e che si eleva ben al di là della mera sufficienza. “The Neon Gate” è un disco da attraversare tutto d’un fiato come un fiume di sfumature. Non ci sorprenderebbe, tra l’altro, se lo ritrovassimo nelle consuete classifiche di fine anno relative a quei dischi che si sono distinti per produzione e originalità.

Anche a ‘sto giro, dunque, i Nap Eyes hanno voltato nuovamente le spalle di fronte al mainstream più spavaldo e banalotto, per seguire ciecamente la strada della propria poetica. Chiamasi personalità.