L’unica data italiana del “All born screaming tour” è la celebrazione dell’enorme talento della cantante di Tulsa, della sua eccellenza nel canto, come musicista, nello stare sul palco, del suo carisma durante un live; alla fine di un’ora e mezza abbondante ha scosso i presenti al Fabrique come se si fosse usciti da un’action movie infarcito di erotismo, presenze vive e materia pulsante, una specie di percorso in una giostra magica che sfila gioiosa fra le diverse sezioni del rock, tra glam, post punk, electro e soul.
Anticipata da un set notevole di Anna B Savage, dalla voce inconfondibile, con una proposta simile all’Anohni più elettrico, Annie entra alle 21 e 30 con una “Reckless”, mettendo in chiaro subito l’impatto della sua presenza, con questa melodia a presa diretta e con una mise carica, minigonna e completino nero, calze a rete e mutanda bianca sopra in evidenza, sfoderando energia contagiosa, padronanza e stile, come le abbiamo sempre riconosciuto.

Lei sa di essere la migliore, è da circa 20 anni che lo sa e ce lo fa capire ancora una volta, come se ogni volta aggiungesse qualcosa alla sua bravura, una maturazione non da accumulo ma da incorporazione, con una ventina di brani, tratti più o meno a pioggia, dalla sua produzione, che spaziano sempre di più nei diversi generi, come se di fronte a lei quasi si squagliassero, con una facilità rara di virare le canzoni, di far scorrere la musica con una semplicità disarmante.

St Vincent porta in giro questo tour affidandosi ad una band di soli 4 elementi, in un palco scarno, senza orpelli, luci soffuse, un contesto che traduce l’aurea storica di un vero concerto rock con tutte le sue declinazioni, con saltelli, sputi, ammiccamenti sessuali ripetuti, in un susseguirsi di assoli frenetici, ritmi quasi al limite della dance (a volte spunta quasi la verve degli LCD SoundSystem, per chi li ha mai visti on stage), ballad strappalacrime col solo piano, tutto quello che ricalca questa cosa indispensabile che chiamiamo live set, e che in questo tour imprime nella carriera dell’artista americana la sua fase più personale, senza filtri, travestimenti o inseguimenti, solo le sue canzoni e i suoi musicisti, lei ed il pubblico, che la chiama la stimola e la vuole.
Una performance interpretativa straordinaria, che si riflette su fan sempre più devoti, che condividono questa forma di energia diffusa e che si godranno per sempre, immagino, del momento storico in cui Annie, alle prese con “New York”, si fa trascinare sopra tutta la platea in un movimento a circonferenza, in un momento catartico e di condivisione assoluto, personalmente mai visto così lungo ed intenso in un live.

Se ne esce pienamente soddisfatti e rinati, come deve essere la sensazione alla fine di una esperienza sensoriale forte, in cui l’artista si fa poliedrico ed entusiasmante, camaleontico e potente, dolce e naturale, come nell’emozionante encore di “Somebody like me”, maglietta nera larga a cadere e felice stanchezza, la semplicità nella sua essenza, la musica come deve essere.