Come saprà chi ha già visto le prime due, già brillanti stagioni, “The Licoln Lawyer” (basata sulla serie letteraria di Michael Connely) piuttosto che una classica serie di Netflix ricorda un modello seriale più classico, quasi demodè, quello degli anni a cavallo a cavallo dei due millenni. Sono demodè la scrittura e la recitazione, il ritmo e lo sviluppo della trama.

Non è solo la nostalgia però a farne un prodotto godibile, i suoi punti di forza sono una messinscena losangelina all’insegna della coolness, personaggi che (pur programmaticamente archetipici) bucano lo schermo e un’intricatezza dell’aspetto legal davvero avvincente.
Questa terza stagione migliora, se possibile, tutto quanto visto finora e lo porta agli estremi drammatici ed estetici. Dopo una partenza in sordina, quello a cui si assiste è un vero e proprio crescendo di tensione che culmina in una seconda parte da togliere il sonno – binge watching praticamente obbligatorio.

Al solito le parti comiche e le storyline collaterali non azzoppano quella principale, che procede spedita come un treno e, anzi, ne dosano la fruzione rendendola ancora più efficace e ben spalmata.