di Geep Coltrain
Questo “Everything” è un mini tour concentrato tra Oceania e Giappone, nel quale il buon Thom Yorke alterna pezzi della sua carriera solista a roba di Radiohead, The Smile, Atoms for Peace. Visto che capito a Tokyo proprio nei giorni giusti, cerco di rimediare un biglietto e a fatica ce la faccio, ed eccomi qui, alle 16:50 di una domenica soleggiata e fresca, in mezzo a migliaia di giapponesi di ogni età, in un Garden Theater sold-out per l’one man show del Nostro Thom.
Sono arrivato con grande anticipo per timore di perdermi, o almeno così pensavo, visto che alle 17 in punto si spengono le luci ed entra lui, si posiziona in mezzo a tutti i sintetizzatori e aggeggi vari e parte a schiaffo con l’acustica con “Weird Fishes/Arpeggi”, per procedere con “Pyramid Song” e via via con una scaletta che alterna pezzi più recenti e danzerecci a momenti più acustici e intimi.
Vista la mia anzianità e la mia malsana propensione ai pezzi belli piuttosto che alle cagate, faccio un po’ fatica a sopportare i balletti su base elettronica, ed apprezzo sicuramente di più i momenti in cui riconosco il Thom Yorke che ho amato, in varie fasi della mia vita: “Jigsaw Falling Into Place” e “Airbag”, entrambe spogliate e in versione acustica, sono quindi facilmente i momenti che mi toccano più in profondità nella scaletta.
Tommaso sfodera anche un inedito (diciamocela tutta: una mezza cacata), “Back in The Game”; ogni pezzo è accompagnato da proiezioni ed effetti visivi specifici, lo spettacolo è molto bello ed il contesto è intimo, nonostante il posto sia piuttosto grosso. È una performance emotivamente potente e visivamente coinvolgente, che sicuramente conferma il suo talento nel catturare l’attenzione del pubblico e la sua poliedricità, peraltro a volte fin troppo spinta (per i miei gusti, eh).
Dopo una ventina di pezzi, Thom abbandona il palco prima di tornare sui suoi passi per i bis, “All I need” (da “In Rainbows”), “Cymbal Rush” (dal solista “The Eraser”) e per un’inevitabile finale in acustico, per il coro di giapponesi, con “Karma Police” (sapete tutti dove trovarla).
Alle 19 sono fuori dal Garden Theater, mi restano poche ore per cercare di ingurgitare un ultimo okonomiyaki, alle 5:30 la sveglia suonerà ed inizierà il lungo viaggio che mi riporterà tra voi. Avrei preferito un’esecuzione completa di “The Bends” a questa scaletta, ma riconosco di aver partecipato a un evento unico nella lunga carriera di quella che volenti o nolenti è una delle figure più importanti degli ultimi trent’anni della roba che piace a noi.