Continuano imperterrite le feroci sperimentazioni sonore dei The Body. Con le nove tracce di “The Crying Out Of Things”, il duo di Providence affonda negli abissi oscuri di una musica che non ha davvero nulla di accessibile. Spetta alle atmosfere e alle texture il compito di intrigare l’ascoltatore con imprevedibili evoluzioni stilistiche. L’impressione generale è che Chip King e Lee Buford non abbiano alcun interesse nel dar forma a canzoni dalle strutture tradizionali: il loro approccio alle sonorità heavy è curioso, fantasioso e, non di rado, persino pionieristico.

Will Butler, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons

“The Crying Out Of Things” è quindi un lavoro di pura ricerca sonora, costruito principalmente su un sapiente uso di effetti e sample. Il metal, l’industrial e il noise sono tre fragorosi spettri che aleggiano su una landa di cupa disperazione da dove affiorano urla belluine, campionamenti lerci, sintetizzatori infernali, fiati apocalittici e colpi di cannone sparati da una drum machine diabolica. Le influenze hip hop e ambient aggiungono un tocco di luridissima classe a un album che potrebbe benissimo diventare la soundtrack per la fine del mondo. Questa considerazione è particolarmente valida per la traccia conclusiva, l’epica “All Worries”, dove insospettabili trame orchestrali fanno da sfondo a grida disperate e canti gregoriani.

Definire ostico questo disco sarebbe riduttivo. Ascoltare per intero “The Crying Out Of Things” è una vera e propria sfida; meglio non ripeterla più di una volta. Chi decide di avvicinarsi all’opera dei The Body deve farlo a suo rischio e pericolo, consapevole del fatto di sottoporsi a un tour de force nel quale le forme più abrasive e depravate del doom e dello sludge si scontrano violentemente sul terreno di un’elettronica malsana e disumana.

Oltre la natura respingente di un album ricco di emozioni ma estremamente complesso e faticoso, resta un’importante certezza: al duo statunitense non mancano coraggio, fantasia e voglia di sorprendere esprimendo un sound realmente alternativo. Tutti buoni motivi per i quali vale la pena dare una chance a “The Crying Out Of Things” e continuare a seguire con attenzione gli sforzi dei The Body.