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In occasione dell’uscita del loro nuovo album “No Hero”, abbiamo incontrato nuovamente i Desperate Journalist per farci raccontare le loro impressioni al riguardo. Noi di IFB abbiamo sempre seguito questi talentuosi ragazzi di North London e per questo motivo è sempre un piacere scambiare due chiacchiere con loro, con la speranza di vederli dalle nostre parti on stage (pare ci sia la possibilità a breve…).

Ciao ragazzi, come state? Bentornati tra le pagine di Indie For Bunnies. State per partire in tour quindi grazie per la vostra disponibilità! Da dove ci state scrivendo?
Simon: Grazie. Al momento siamo di casa a Finsbury Park. Faremo concerti per questo album in diverse parti e dobbiamo comunque organizzarci anche con il lavoro, quindi non è che stiamo facendo una grande quantità di serate.

Tre anni fa ci eravamo lasciati con l’ottimo “Maximum Sorrow!” e nel corso della precedente intervista Simon ci aveva confessato che la maggior parte dei fan dicevano che era il vostro miglior album. Con l’uscita di “No Hero” come stanno andando le cose? Avete lo stesso feedback dai fan?
Simon: Non ho ancora parlato con molte persone questa volta, ma alcune di cui mi fido sembrano apprezzare “No Hero” anche più di “Maximum Sorrow!”  E’ tipico di ogni band pensare che il loro materiale più recente sia il migliore, e questo non fa eccezione, ma penso che meriti più attenzione di quanta ne abbia avuta.

A proposito del tour, ho notato che durante i live suonate ben 5/6 canzoni di “No Hero”. Come risponde il pubblico, considerato che i brani sono probabilmente più cupi rispetto ai precedenti lavori?
Simon: Alcune parti sono più oscure, ma c’è sempre stato un elemento di oscurità nella nostra musica, da “Organ”, “Hollow” o “Armageddon”. Suoneremo “Silent” and “Underwater” dal nuovo album dal vivo per la prima volta questa settimana, sono sicuro che farà piacere ai nostri fan ex-goth!

Ecco, da dove nasce l’idea delle sonorità di “No Hero”? Ho letto che Rob ha comprato un Behringer Poly D, un iconico sintetizzatore molto usato negli anni 70. Quanto ha influito, se ha influito ovviamente, sugli arrangiamenti?
Rob: L’ha influenzata nel senso che i sintetizzatori erano importanti nel processo di scrittura, cosa che prima non lo erano mai stati in particolare. Un paio di canzoni come “Unsympathetic” e “Comfort”, per esempio, non esisterebbero e quindi il suono dei miei lavori rudimentali su come fare rumore ha influenzato il suono e il songwriting. Forse la cosa più importante – questa è stata una delle prime volte in cui io e Jo abbiamo scritto insieme attivamente – ci ubriacavamo davvero e giocavamo insieme col synth fino a tarda notte e questo ha prodotto molte delle canzoni dal suono più diverso che sono sul disco, e alcune che alla fine non ce l’hanno fatta a finire nell’album. Questo, unito alla scrittura su tastiera per la maggior parte del tempo, tendeva a produrre queste progressioni di accordi dal suono più oscuro e ciclico sotto melodie che sono forse sia più crude che più pop allo stesso tempo.

Avete lavorato ancora con Pete Maher, produttore già a lavoro con artisti del calibro di U2, Jack White, Pixies Nick Cave And The Bad Seeds, Maximo Park e molti altri. Che tipo di impatto ha avuto sulla finalizzazione di “No Hero”.
Simon: Pete ha messo mano a tutto ciò che abbiamo fatto da “Grow Up” e fa sempre un buon lavoro, non posso dirti molto sui dettagli più fini del mastering oltre al fatto che vogliamo che suoni forte ed espansivo, ma non compresso e aspro. Si tratta di trovare il giusto equilibrio. Rob ha prodotto e mixato l’album che avrà avuto un impatto maggiore sul suono complessivo.

Cinque album in dieci anni, oramai non si può più parlare di “processo di maturazione”. Quali sono allora le prossime tappe? Avete intenzione di esplorare nuove sonorità, sperimentazioni, oppure tornare ad un suono più diciamo chitarristico?
Simon: Non ne ho idea ad essere onesto! Il prossimo passo è quello di suonare altri concerti nel Regno Unito e in Europa.  Quasi tutto sarà suonato dal vivo su chitarra, basso e batteria come una ‘rock band’ di 4 elementi. Scherziamo quando diciamo “non ci sono chitarre in questo album”, ma in realtà Rob continua a suonare la chitarra più che mai.

Jo, ancora una volta la tua voce è stata davvero meravigliosa. La precisione e la maturità che ho ascoltato nel precedente “Maximum Sorrow!” hanno lascito il posto ad una libertà espressiva nella quale ti ho sentito più a tuo agio. Per esempio, in “You Say You’re Lonely”, “7″ ma anche  nella sperimentale “Underwater” la tua voce è spaziale! Voglio dire, in questo nuovo disco è come se avessi voluto raggiungere un tuo limite. Mi sbaglio?
Jo: Prima di tutto grazie mille per il complimento! Voglio sempre fare qualcosa di leggermente diverso con ogni album, e sono molto consapevole delle abitudini in cui cado quando canto perché non voglio ripetermi troppo. Dato che siamo diventati sempre più sicuri di noi stessi come band, sento che è molto più facile per me sperimentare ulteriormente con le melodie vocali e le armonie in un modo più intuitivo e astratto a volte, che è probabilmente la cosa che preferisco fare al mondo. Inoltre, dal momento che il processo di scrittura è stato per lo più basato sullo studio questa volta e le strutture delle canzoni spesso abbastanza insolite, il tutto si prestava molto bene ad essere un po’ più strano vocalmente.

Una curiosità, in nessuna copertina dei vostri album c’è una immagine della band al completo ma solo di Jo su un paio di dischi. Scelta che assume qualche particolare significato?
Jo: La copertina di “Grow Up” è stata scattata da mio zio David Purdie per un concorso fotografico quando avevo circa 12 o 13 anni nel giardino della casa dei miei nonni, ed è una foto così bella ed evocativa che mi è sembrata la scelta perfetta per quell’album con quel titolo. Con “No Hero”, avevo in mente la stanza nella foto come location, e ho pensato che potesse essere bello fare qualcosa che facesse riferimento a “The Annunciation” di Richard Hamilton a causa dei temi simili nell’album. Ho sempre preferito fare opere d’arte visiva da soa e quindi ero l’unica persona che avevo a portata di mano come modello (!) quando sono andata a scattare le foto, quindi questa volta sono finita per essere sulla copertina.

Ok ragazzi, grazie ancora per la vostra disponibilità e buon tour. Speriamo di vederci presto anche in Italia. Ciao!
Simon: Grazie, speriamo di fare una data a Milano nel 2025, quindi incrociamo le dita! X