Tim (Garrett Ryan) e Kaylie (Karen Gillian) sono due fratelli che durante l’infanzia hanno dovuto convivere con la tragedia della morte dei genitori, in cui Tim è stato direttamente coinvolto con l’accusa di omicidio del padre.
In tutto questo però Kaylie ha visto realmente cosa è accaduto e vuole riabilitare l’immagine della famiglia e del fratello dimostrando come l’assassinio dei genitori sia stato causato da forze soprannaturali contenute in un antico specchio.
Così dieci anni dopo, e con il rilascio del fratello dalla prigione, Kaylie cercherà di sconfiggere le forze demoniache.
Fare Horror è senza dubbio una delle vie più facili e allo stesso tempo difficili per affermarsi nel cinema, facile perchè i costi di un horror spesso e volentieri sono molto contenuti (non c’è necessità di star o effetti speciali), la parte difficile viene anch’essa dal genere stesso, poichè soddisfare il grande pubblico, al giorno d’oggi, con un film di genere è veramente arduo con tutto quello che è già stato visto, e anche i prodotti ben costruiti poi soffrono nel finale della sindrome da chiusura; il film horror infatti è sicuramente il tipo di lungometraggio più difficile da concludere con un finale soddisfacente.
“Oculus” di Mike Flanagan riesce a sfuggire a tutte le trappole, consacrando il film-maker americano e diventando così l’horror che non ti aspetti, ma che ti colpisce utilizzando elementi primordiali della narrazione di genere uniti a una sapiente regia.
Tratto da un corto dello stesso regista (“Oculus Chapter 3-The Man with the Plan”) il film propone una struttura che lascia alla prima parte la costruzione di personaggi (molto ben caratterizzati quelli femminili), atmosfera, dettagli e ambiente, mentre nella seconda scatena gli elementi di horror puro.
La regia di Mike Flanagan accompagna perfettamente la narrazione, è pulitissima e allo stesso tempo elegante, con la macchina da presa che non ha mai movenze scomposte e fluttua sinuosa tra le pareti claustrofobiche della casa.
La scelta e la costruzione delle inquadrature è senz’altro un punto di forza, tra plongèe e contre-plongèe di assoluta efficacia, a volte utilizzati anche per ribaltare le relazioni di forza tra i componenti della scena; fino alla composizione di simmetrie che servono a costruire ambiente e atmosfera, ma anche a sottolineare il rapporto tra i due fratelli.
Il montaggio è sicuramente un’altra delle chiavi del film, viaggiando tra presente e passato, realtà e illusioni, ricordi e immaginazione, siamo trascinati in un universo in cui si perdono i riferimenti temporali, e lo spazio, seppur immutato, accresce una sensazione di straniamento.
Il finale, emblema di questa costruzione spazio-temporale è particolarmente angosciante e si erge come una condanna sul protagonista, costretto alla convivenza con i demoni, sia interiori sia esteriori, che lo affliggono.
Bene tutto il cast con i genitori (Rory Cochrane e Katee Sackhoff) bravi nel calarsi piano in una follia sempre maggiore, ma soprattutto brilla il volto della nuova star Karen Gillian, attrice interessantissima che sicuramente avrà un futuro radioso nell’industria cinematografica.
Il suo personaggio è ben rappresentato in tutta la sua evoluzione, dalla sfacciata determinazione con cui vuole liberarsi dei demoni fino all’aumentare dei timori dovuti alle suggestioni generate dallo specchio.
Tra rimandi a “Shining” e “Amityville Horror”, “Oculus” quindi funziona grazie al sapiente lavoro del suo regista/montatore, riuscendo a ritagliarsi un posto nell’horror moderno, ormai privo di prodotti di questo genere elevati a un livello qualitativo superiore.
Il Trailer