Con ”Silkidrangar” il trio islandese Samaris torna alla ribalta proponendo un album più coeso e sperimentale. è cambiato l’approccio al suono con una struttura nettamente votata verso ritmi incalzanti e atmosfere più oscure (si veda l’intro ”Nótt”), ma soprattutto sono maturate le idee che portano avanti questo prezioso progetto.
Il clarinetto permane e dà vita ancora una volta a ritratti siderali ricalcati sulla dimensione poetica di casa. ”Lifsins à“lgusjór” e ”Tàbrá” (anteriori a ”Silkidrangar”) convergono nella nuova cupa metafora melodica, in opposizione a pezzi più luminosi scritti di recente, e trasmettono il nuovo feeling dei Samaris avviato sulla pratica dei remix. Non ci sono tracce definitive: il viaggio che ispira questo lavoro non ha direzioni precise. ”Hafià°” sembra quasi estendersi sulla downtempo con accordature synth e passaggi minimali; ”Hrafnar” invece è un preludio gotico con intermezzi riflessi e sample vocali che si perdono in un goco di onde. I testi, tratti da antichi poemi in lingua madre, portano riferimenti ai temi della natura e storie di individui in lotta per un cambiamento nella propria esistenza, l’aprirsi verso nuove strade dentro la quotidianità .
Questo modo è particolarmente interessante perchè restituisce dignità artistico-letteraria ad opere che altrimenti procederebbero solo in sede accademica: qui la musica dimostra che è ancora possibile ricontestualizzare la propria tradizione, e ”Silkidrangar” in particolare, esprime tutta questa potenzialità tramite uno stile e una pratica musicale totalmente efficiente e accattivante. Non è soltanto l’annosa questione sull’inspiegabile fattore islandese, ma la ricerca e l’evoluzione continua che presiede la volontà di fare musica istinuale e quasi selvaggia.
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2. à‰g Vildi Fegin Verà°a
3. Làfsins Olgusjór
4. Tàbrá
5. Brennur Stjarna
6. Máninn Og Bróà°ir Hans
7. àžótt Hann Rigni
8. Hafià°
9. Hrafnar
10. Vögguljóà°