C’erano una volta dei ragazzini con la chitarra che giocavano a fare le rockstar, le spiagge di Brighton su cui ci si innamorava facilmente, le giacche di pelle per sembrare grandi. C’erano una volta i Kooks, che non sarebbero mai diventati una pagina nella storia del rock, che non sarebbero mai stati i Libertines o gli Strokes, eppure si ascoltavano benissimo nelle prime giornate di sole primaverili. C’era una certa naivetè, la nostra, la loro, e poco importava che ad un certo punto non sarebbe stato abbastanza.
è difficile dire chi sia cambiato prima, se noi o loro. Sta di fatto che, già nel 2011, “Junk of the Heart” con i suoi jingle da pubblicità delle merendine segnava il finale di partita. “Listen”, l’ultimo lavoro della band, sembra fin dal titolo la richiesta di un’altra possibilità : fermatevi un attimo, ascoltateci, abbiamo ancora qualcosa da dire. è solo in parte vero (per non dire che non lo è affatto). Questo quarto album in collaborazione con il producer hip hop Inflo ““ londinese, 25 anni, trovato su Soundcloud ““ è qualitativamente migliore del precedente; si percepisce un piano di correzione, la ricerca di una via diversa, uno sforzo di miglioramento. Però sforzo significa anche mancanza di naturalezza, e forse è gran parte del problema per una band che funzionava ai tempi in cui era fresca e immediata.
I Kooks di “Listen” flirtano con il funk in più di una traccia ““ “Forgive and forget”, “Around town”, “Down” ““ ma non lo conquistano (non basta qualche riff sincopato per alzare la posta in gioco). Luke Pitchard si gioca la carta della ballata confessionale dedicata al padre con “See Me Now”, ma ne viene fuori un po’ troppo Elton John. Si ispirano dichiaratamente a Kanye West in “Bad Habit”. Citano gli Stones, i Talking Heads. Tirano in ballo una qualche 90s nostalgia per “Wetsuit”. E con tutto questo non ottengono altro che un suono derivativo, un album, a conti fatti, scarsamente identitario.
Ci sono cose indissolubilmente legate a una certa cronologia, ci sono band che vivono solo del momento giusto, canzoni che sono interpretazione di un’età anagrafica, e lì rimangono senza possibilità di conversione. Per questo c’erano una volta i Kooks, e non ci sono più.