Ci sono band che seminano e band che raccolgono i frutti di quanto seminato da altri. I Lightning Bolt fanno decisamente parte di quelli che seminano: il classico bel gruppo un po’ di nicchia ma adorato dagli altri musicisti. Ormai sono venti gli anni di carriera sulle spalle capaci di questo duo del Rhode Island, ma Brian Chippendale continua imperterrito a scatenarsi dietro la sua batteria cantando con quel microfonino appeso all’orecchio neanche fosse Madonna, coprendosi spesso la faccia con una maschera un po’ africana un po’ da wrestler. E l’altro Brian, Brian Gibson, che dei due sembra il più tranquillo, picchia sempre sul basso quasi volesse sfasciarlo per creare quel sound adrenalinico e caotico che ha caratterizzato i Lightning Bolt fin dagli esordi.
Sei anni dopo “Earthly Delights” e a quattro anni dall’EP “Oblivion Hunter” Brian C. & Brian G. tornano in pista dunque e lo fanno smussando un po’ gli angoli del loro furioso, disordinato, brillante universo musicale. “Fantasy Empire” è decisamente meno votato all’improvvisazione, meno istintivo di quanto fatto in passato. Forse dipende dall’aver firmato con la Thrill Jockey, sempre etichetta indipendente ma ben più solida e affermata di quelle per cui hanno inciso finora, o dall’aver per la prima volta registrato in un vero studio. O magari ha ragione Brian Chippendale, che in un’intervista a Pitchfork ha ammesso candidamente che questo disco, che per loro è il numero sei, è nato dalla disperazione e dal bisogno di non voler essere sempre uguali a se stessi. Fatto sta che “Fantasy Empire”, pur restando sempre caotico, è un caos diverso. Ordinato. Addomesticato. Meno foresta e più giardino incolto.
E l’effetto è comunque più che positivo, nonostante qualche piccolo incidente di percorso (in “Leave The Lantern Lit” evidentemente B&B stavano ancora provando gli strumenti). I nuovi Lightning Bolt, con un sound ad alta fedeltà e un’attitudine meno sperimentale, diventano ancora più esplosivi e aggressivi. Ci vuole ben altro per calmare l’istinto omicida dei due Brian, che sembrano divertirsi un mondo a giocare con qualche influenza metal (vedi “The Metal East”, “Over The River And Through the Woods” e “Horsepower”) da affiancare allo sporco noise ““ art rock di “King Of My World”, “Dream Genie” e “Runaway Train” (distortissime e brutali), a una “Mythmaster” tribale, ipnotica, quasi hardcore e allo scherzo finale, quella “Snow White (& The 7 Dwarves Fans)” che chiude l’album in un diabolico crescendo.
“Fantasy Empire” finisce così per somigliare a “The Physical World” dei Death From Above 1979, uscito l’hanno scorso. Adrenalinico e perfetto per le sudate in palestra. Magari non saranno più i musicisti da guerrilla che erano, i Lightning Bolt, pronti a suonare in qualunque posto (parcheggi, salotti) purchè rigorosamente privo di un palco canonico. Loro preferivano stare sul pavimento, col pubblico intorno. Ora suonano anche in qualche festival, ma Brian Chippendale & Brian Gibson restano sempre delle gran belle macchine macina ritmo. Meglio di un caffè doppio, la mattina. Meglio della sveglia che suona sul comodino. O per citare quello che disse un certo Steve Albini dopo aver intercettato per caso i Lightning Bolt nel 2004: questi sono proprio la sveglia che mi ci voleva.