E niente, ancora una volta arriva Kode9 a Verona. All’appuntamento con il padrone dell’Hyperdub è difficile mancare e a dispetto del pensiero comune – nella città scaligera sono tutti fascisti, leghisti e brutti – ci si diverte parecchio, stavolta più del solito. Tra le altre cose il pregiudizio ha sempre qualche radice nella realtà e le brutture sono dietro l’angolo: mi ero dimenticato di quanto facesse ridere la simil borghesia veronese, quella che va in vacanza a Dubai e sotto il burqa nero vede vestiti di Armani e Valentino. Tuttavia basta sapersi godere alcune situazioni e prendere un taxi in direzione Interzona.
Avvicinare il bancone del dj al pubblico è sempre cosa gradita e lui non cambia mai il suo look. Probabilmente Steve Goodman – eviterò inquietanti giochi di parole – non verrebbe riconosciuto da nessuno in una ipotetica gita a Glasgow, si mimetizza con un’aria ineffabile da britannico. La lontananza anche fisica con una certa imbarazzante ciurmaglia che si può trovare a Shoreditch è rassicurante, le bottiglie di vodka e tequila fanno il resto. La casa discografica, prima webzine, dal 2004 ad ora ha rivoluzionato il modo di intendere la musica elettronica. Funky, grime, dubstep (quella vera), 2-step ed apertura totale alle più disparate influenze, senza disperdere un centro pulsante di bassi profondissimi. Diventare punto di riferimento di un’intera scena richiede tempo, processi lunghissimi le cui tappe rivivono nei set di Kode9.
Le celebrazioni per i dieci anni sono state maestose, aver azzeccato sempre e comunque i “nuovi acquisti” rappresenta una certezza ormai consolidatasi negli anni. Dall’esplosione del fenomeno Burial in poi, l’ascesa non ha mai subito battute d’arresto, nonostante le premature scomparse di DJ Rashad e The Spaceape.
Steve in tutto ciò è garanzia di sudore e gioia, perchè come tira lui le fila nessuno nel panorama mondiale. Aver contribuito tantissimo a sdoganare il footwork in Europa non è merito da poco, ovviamente qui ancora fatichiamo ma amen. All’Interzona gli spazi non occlusi, l’energia positiva, la carica e le luci hanno raggiunto l’apice in tre ore di micidiale saliscendi. Un’alternanza che dopo la prima ora abbondante ha lasciato spazio ad una debordante e devastante potenza di fuoco, sprigionata senza ritegno alcuno ed interagendo con il pubblico come fosse un gruppo di amici di lunga data. Kode9 preso così bene a Verona dovrebbe far lacrimare gli occhi di molti organizzatori che continuano a chiamare Ben Klock solo per avere un dancefloor colmo, dove non si respira e si cerca di raggiungere un’immaginaria prima fila, manco ci fosse un premio.
Gusti personali, ma il piacere – proprio quella sensazione per cui proprio non riesci a stare fermo – di una serata con Goodman resta unico e inavvicinabile per originalità ed empatia. Non è facile portare con sè Chicago, Londra, sobborghi sporchi, lontane immagini di dancebattles all’ultimo passo. Siamo tutti contenti perchè ci sono i cavalli di battaglia personali – “9 Samurai” è per forza forma di ipnosi acida e rullante – e poi praticamente tutto DJ Rashad, batticuore per una chiusura con “Love You Found” e “Ghosts”, vecchi capolavori del King of Footwork. Arriva anche un lunare Burial, mentre Kode9 offre le sigarette a tutti dopo una lezione applicata sulla dubstep e i suoi derivati. La vera forza di tutto ciò è la spontaneità , il divertimento assoluto di potersi liberare da ogni peso per godere e basta. Le gambe alla fine cedono, gli anni aumentano e non si mascherano come per certe ragazze che una volta abbordate potrebbero mandarti in galera perchè minorenni. Qualche certezza confermata, i pezzi delle quattro compilation Hyperdub, divagazioni esotiche e dal giorno dopo “All I Do Is Smoke Trees” e “Rollin” cadono in heavy rotation. I bpm altissimi e il profumo di erba, anche il tassista delle 04.20 sapeva tutto.
“C’era uno con gli attrezzi elettronici?”
“Sì è stato molto bravo”