Riesce a suonare ancora fresca la dodicesima raccolta di inediti della ormai leggendaria synth-band di Basildon. Certo questo nuovo album si situa diverse spanne sotto il potente e tenebroso “Playing The Angel” (rimarrà questo l’ultimo capolavoro della carriera dei Depeche Mode?), non c’è la stessa urgenza, non ci sono molti brani stratosferici e lì dove c’è stato un lavoro di produzione certosino non corrisponde sempre un songwriting all’altezza. Dunque il vero pregio di “Sounds Of The Universe” è il suono, anche se bisogna dire che in alcuni episodi i beat elettronici sarebbero potuti essere un po’ più robusti. Sembra proprio che Il titolo dell’album voglia far pensare a uno spasmodico lavoro di ricerca dei suoni più diversi, così come indicare l’uso di suoni spaziali, ‘alieni’. Come più volte ribadito dai Depeche stessi prima dell’uscita dell’album e come voi molti di voi già sapranno, sono stati in gran parte utilizzati sintetizzatori analogici e macchinari d’antan ma i suoni appaiono scintillante e pulitissimi, diremmo anche ‘snelli’, nonostante le timbriche corpose di quei vecchi strumenti.
Nell’album troviamo eleganti composizioni che si reggono su sottili trame sonore, strutture fragilissime ed atmosfere più che mai notturne e morbosamente sensuali. Dave Gahan firma tre brani: la tribaloide “Hole To Feed”, “Come Back”, in cui si sovrappongono effetti subacquei e vetrosi, e “Miles Away”, imbevuta della stessa sexytudine del superclassico “Personal Jesus”. “Corrupt” poi ricorda molto vagamente “I Feel You”, l’opener di “Songs Of Faith And Devotion” (1993), disco in cui apparivano alcuni brani caratterizzati da uno stile che potremmo definire”spiritual”, riutilizzato per l’occasione in due canzoni, cioè “In Chains” e “Little Souls”, non particolarmente coinvolgenti ma comunque gradevoli. Più originali e sorprendenti sono la severa e gelida “Peace “e il cha cha spaziale di “Jezebel”, che vede protagonista un raffinatissimo Martin Gore.
Ma tra le canzoni dell’album due in particolare rimarranno impresse nella memoria: il primo singolo “Wrong”, allucinato, ringhiante e compostissimo allo stesso tempo e ancora di più la meravigliosa “Fragile Tension” (un vero capolavoro di arrangiamenti e produzione), inquieta e libidinosa.