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Il buon senso non serve a niente. L’agire rettamente crea solo mostruosi complessi d’inferiorità . La riga di lato è disturbante quanto un bacio rubato. Il trucco che regge la tua visione è un oltraggio all’amore. L’innocenza è una gabbia che uccide. La perversione ci rende vivi. Ho seguito un fischio nella notte, melodia scossa di lacrime da osteria. I vecchi non sono saggi, ma solo stanchi di prenderle. Mortificare il cuore come hobby dell’anno non farà  di te un uomo. Non tira aria buona da queste parti. Ferro e piombo, fiori secchi e acqua lercia fanno da cornice al mondo che si sbriciola. Il mio mondo. Stanotte è stata una brutta notte. Ho un mal di testa lacerante. Incessante mi trafora il cervello. Ho bisogno di calma e spazi infiniti. Così mi ritrovo ad ascoltare il disco degli Odawas, oscuro gruppo dell’Indiana guidato da Mike Tapscott. Visioni e stratificazione sonora sono le parole d’ordine di un album che si nutre della psichedelia inacidita dei primi Pink Floyd e della quiete cantautorale del folk più ispirato. Atmosfere rarefatte, deserti attraversati con una chitarra a tracolla, soli che bruciano, brezze che rinfrescano e fulmini cinematografici fanno da tappeto all’incedere indolente di tutte le nove canzoni di ‘Raven and the white night’. ‘Getting to another plane’ si libra nell’aria, maestosa e soave come una carezza di primo mattino, trasportando in altri posti dilaniati da bellezza accecante. L’apice si raggiunge in ‘Alleluia’, impasto di malinconia folk, sogni da pistolero andati a male con fischio ‘leoniano’ a dare un sapore di ultimo addio a te che vai via nel vento caldo di maggio. E’ tutto un eterno rallentare, con l’arte dei Mogwai ma senza la pomposa elettricità  di contorno. Una melodia che buca come uno sguardo in primo piano, che intenso mantiene la sua traiettoria tra la folla, con batteria e basso che marciano come un’armata falcidiata che torna sconfitta dal fronte. Stupore elettronico in ‘Love is….(the only weapon with which i got to fight)’, che suona come un infervorato comizio anni Trenta, tra un sonoro sporco ed urlato, si riconoscono occhi che strabuzzano e sudori stremati in un climax emotivo notevole. Un viaggio di mille suggestioni, alcune portano indietro nel tempo come in ‘Circus song’ dove l’ombra dei Love disegna arpeggi e melodie sospesi sul filo della dilatazione folkeggiante, altre trasportano la mente in mondi incantati (‘Bernacles and rustic debris’), ma sempre con quella sensazione che alla chitarra ci sia Alice, quella del Paese delle meraviglie, completamente strafatta di Lsd. Il mal di testa galloppa e scaraventa i resti del mio pensiero lontano da qui, sono stremato, sfinito, vinto. Ma non ho più voglia di ucciderti. Ringrazia gli Odawas e il loro splendido, immaginifico album.

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Raven And The White Night [ Jagjaguwar – 2007 ] – BUY HERE
Similar Artist: Love, Syd Barrett
Rating:
1. The Maddening Of Raven
2. When God Was A Wicked Kid
3. Getting To Another Plane
4. Alleluia
5. Love is…(The Only Weapon
With Which I Got To Fight)
6. Circus Song
7. Beware
8. Barnacles And Rustic Debris
9. The Ice