In The Pines
S/T

Non tutte le ciambelle devono avere necessariamente un buco. Lo vedete nei film americani, ci sono i “donuts” interi, glassati, ripieni di zuccheri e deliziosi grassi. Quindi non è detto che una ciambella senza buco sia, per forza di cose, difettosa. La musica di questo combo di Kansas City è esattamente così: un bel dolce ricorperto di glassa e pieno fino a scoppiare, difficilmente digeribile nella sua interezza. L’idea degli In The Pines non è sbagliata, anzi, si presentano in una classica fomazione da folk elegante, con quattro linee vocali, le chitarre, la viola e il violino. Tutti gli ingredienti giusti per costruire impalcature sonore affascinanti.

Il primo impatto col disco è positivo, dopo la breve intro di “Good Morning, My Darling” giocata su atmosfere minimali di corde pizzicate ed organo, mentre rumori artigianali riempiono gli spazi vuoti, la lunga “For Love Instead” si rivela un ottimo esempio di cantautorato folk elegante, morbidamente intimista e impreziosito da arrangiamenti più corposi. Tutti i presupposti per pensare di trovarsi tra le mani un raro oggetto di culto, ma il rovescio della medaglia non tarda a farsi sentire. Una eccessiva tendenza a dilungarsi, brani spesso sopra i sei minuti di durata per complessivi 59′ 34” , portano a metà  scaletta la saturazione completa dell’ascoltatore.

Vengono in mente i giocatori di calcio innamorati del pallone, quelli per cui è possibile ogni cosa in linea teorica, ma troppo innamorati di se stessi, tendenti ad indugiare palla al piede incuranti dei compagni smarcati al centro dell’aera di rigore. Questi sei ragazzi se la suonano e se la cantano, ci fanno vedere come siano bravi a costruire certe atmosfere, ma si dimenticano che una canzone ha degli equilibri interni talvolta molto delicati, continuando per la loro strada incuranti di tutto il resto. A fine scaletta ho imparato una cosa: non tutte le ciambelle riescono, che siano col buco o senza.

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