Immutata cristallina purezza. Ecco quello che viene in mente al primo ascolto di questo “Heartache City”, ultimo lavoro delle CocoRosie. Dieci pezzi diluiti in 45 minuti di incanto. Dopo il non riuscitissimo e più sperimentale “Tales of a Grass Widow”, ecco tornare agli alti livelli a cui ci hanno ben abituato.
Tutto quello che ha rappresentato l’universo musicale delle sorelle Casady vi è presente, perchè sia chiaro, si parla di un vero e proprio mondo a se stante quello creato da Sierra e Rose. Una dimensione in cui folk, cantautorato, nenie infantili, ballads, elettronica, hip pop si fondano dando luogo a quello che è sicuramente uno dei gruppi più originali che il panorama odierno possa offrire, con un’identità ben definita che si carica di quella particolarità talmente caratteristica che o si ama o si odia.
Quest’ultimo disco non si fa mancare nulla, eppure si sente il totale controllo di quello che viene mostrato, raccontato, suonato, cantato, in cui anni e anni di esperienza hanno affinato la bravura nel trovare l’equilibrio giusto senza dover rinunciare a nulla.
Parlando delle tracce, c’è davvero da leccare i baffi. Innanzitutto impossibile non rimanere estasiati dai vocalizzi di Sierra e Rose, che soprattutto nelle splendide “The Tower of Pisa” e “Bed Bugs” (assolutamente meravigliose) danno sfoggio di una bravura davvero unica. Impossibile non adorare poi la latineggiante “Un Beso”, o le più beat “Forget Me Not” e “No One Knows She Goes There” senza rinunciare alla più jazz e malinconica “Big and Black”.
Un piccolo gioiello che dimostra come un cambio di rotta non sempre è una buona idea, rientrando in quella che assieme a “La Maison de Mon Ràªve” e “Grey Oceans” più essere considerata una delle opere più riuscito del duo statunitense.