Capitolo I: L’incubazione
Pochi film possono vantare un percorso tormentato come “Possession”, anche se forse la fatica dell’autore (Andrzej Zulawski) necessitava un po’ dei sudori freddi della censura per poi montare in tutta la sua straripante potenza.
Vietato alla visione dei minori di 18 anni in quasi tutti i paesi in cui è uscito, non è neppure stato mai distribuito in Germania dove invece è stato girato. Per non parlare poi dei tagli subiti, basti pensare che la versione Director’s Cut ha visto la luce solo nel 2013.
Capitolo II: Anarchico malessere
Mark (Sam Neil) torna da un lungo viaggio di lavoro per ricongiungersi con la famiglia, ma nulla sembra essere più come prima. La moglie Anna (Isabelle Adjani) gli confessa infatti di avere un amante e di non essere più sicura di amarlo. Abissati in liti violente pervase da un’ autolesionismo da martirio, i due piombano in una irrisolvibile crisi di coppia; fino a che Anna decide di andare via di casa. Mark disperato la fa seguire da due investigatori privati per scoprire l’identità del suo amante, venendo poco a poco ad apprendere che questo in realtà non è un uomo ma un essere demoniaco partorito dalla moglie stessa.
Capitolo III: Carne viva
Ho partorito sorella fede e mi manca sorella fortuna, quindi dovrò proteggere sorella Fede.
Così parla Anna alludendo alla figura antropomorfa dell’amante, incarnazione mostruosa del suo subconscio. Un prezioso e faticato frutto, che assume sembianze sempre più terrene mano a mano che ella acquisisce consapevolezza dell’ emancipazione dal marito
Capitolo IV: God is a disease
Sullo sfondo di una Berlino ancora divisa dal muro, si specchia la duplice dimensione dei personaggi. Un’ invisibile cortina di ferro, che separa i sentimenti più nobili, dalla depravata volontà di rompere ogni costrizione dello “scudo” familiare degli affetti.
Abbattuta la barriera protettiva del loro amore, Mark e Anna si trovano così nel caos più totale.
Rinunciare a tutto ciò che hanno costruito e sporcarsi, liberi nel mondo come dei cani in calore. O rifugiarsi nell’autismo della propria tavola imbandita al rintocco degli anniversari.
Capitolo V: La genesi del doppio
Sospesi In questo limbo, il regista di certo non prende mai posizione su quale sia la scelta “giusta”. Lo spettatore si trova così ibero di sprofondare in un’esperienza sensoriale unica; che lo lascerà sicuramente mutato. Solo nel finale si intravede forse un bagliore di luce bianca. Il sacrificio compiuto in extremis da Mark e Anna per salvare i loro doppelganger, sembra infatti un atto di amore volto a recuperare un po’ di quella terra bruciata fatta sino a quel momento. Ma a ben vedere non è altro che un’ estrema unzione per chi si sia sentito offeso da questi 127 minuti incendiari di purissima blasfemia.
Wide Screen: come in pittura si definiscono colori primari quelli che non si possono ottenere dalla commistione di altri colori, ma dalla cui combinazionesi può ricavare ogni altro colore; in questa rubrica parleremo di film unici e fondamentali, che costituiscono la matrice perduta della settima arte.