Chip King e Lee Buford sono la spina dorsale dei The Body e dall’ormai lontano 1999 hanno deciso di essere anche una spina nel fianco per tutti quelli che amano dividere la musica in categorie con una bella etichetta stampata sopra. Politicamente scorrettissimi, rabbiosi, brutali e violenti hanno finito per stare sullo stomaco a molti. Cosa di cui i due ragazzacci, cresciuti insieme e che di recente hanno lasciato Providence (Rhode Island) per trasferirsi a Portland, vanno fieri e piuttosto orgogliosi. In quasi quindici anni di onorata carriera, quasi tutti passati a bussare alla porta sul retro del metal più oscuro sapientemente miscelato con samples, elettronica e rumore, hanno regalato dischi densi di ossessioni e delirio oltre a un gran numero di collaborazioni significative (con The Haxan Cloak, Thou, Krieg e Sandworm tra gli altri).
“No One Deserves Happiness” arriva a tre anni di distanza da “Christ, Redeemers” ed è stato definito da Chip & Lee come l’album più schifoso di sempre, l’opera più pop mai uscita dalle loro menti distruttive con tanto di linee di basso ispirate a Beyoncè. E questo particolare faceva forse più paura della loro storica fissazione per il suicidio. Come spesso capita era tutto uno scherzo. I The Body rimangono se stessi, addomesticando in superficie la loro indole estrema senza rinunciare a quelle urla belluine e animalesche che sono diventate il loro marchio di fabbrica. Rumoristi e gotici creano il “solito” monolite di pazzesca intensità . E quando lasciano spazio alle signore, non si tratta di Queen Bey ma di ospiti illustri come Maralie Armstrong degli Humanbeast e Chrissy Wolpert dei The Assembly of Light Choir. Il mondo dei The Body insomma resta infinitamente dark, buio e confuso. La metà più nera della luna. Della serie lasciate ogni speranza o voi che entrate. Musica vibrante, senza compromessi che verso la fine diventa vulnerabile. Pop? No, ma che a tratti si avvicina agli estremi più accessibili del metal senza mai varcare del tutto quel confine ( “The Fall And The Guilt” è l’esempio perfetto ma anche “The Myth Arc” non scherza).
Come succede con gli horror giapponesi più truci i The Body non sono adatti a tutti. Solo a chi non ha paura di guardare nel baratro, di avvicinarsi al limite per tirarsi indietro all’ultimo momento. Ripensandoci oggi, visto il gran spolverio di pistole e fucili con cui si intrattengono in buona parte delle foto ufficiali, è strano notare come l’idea di formare la band sia venuta a Chip e Lee nell’anno della strage di Columbine. Come se inconsciamente avessero voluto rappresentare la mentalità di una certa America profonda che si vede e si sente poco ma conta. Quell’America che appare quasi contraddittoria e in Europa si fatica un po’ a capire. Detto questo, musicalmente i The Body valgono decisamente il viaggio e il prezzo del biglietto.