Innamorarsi a volte è doloroso. Anche se si sa che solo gli idioti ci cascano, ci si ritrova comunque (più o meno inaspettatamente) immersi fino al collo. Amori platonici, improbabili, impossibili, destinati a finire ancor prima di iniziare. Da questa fenomenologia d’amore attinge a piene mani Bibio per il suo ultimo “A Mineral Love”: importante ““ dice il produttore inglese ““ è, però, ricordare sempre di avere dentro di sè un amore minerale (che, in questo caso, coincide con “eterno”).
Rispetto ai precedenti, l’ottavo album per Stephen Wilkinson perde in genialità e sperimentazione, ma conquista in coerenza interna e solidità . Se solitamente ha abituato a composti labirintici da cui è complesso districarsi e in cui è facile (e bello) perdersi, le tredici tracce di quest’ultimo lavoro sono legate strette dal filo della tematica romantica-melanconica (con poche variazioni sul tema), sempre avvolte nell’atmosfera opaca propria dei ricordi. Alcuni spunti sono interessanti, ma invece che essere sviluppati in qualcosa per cui perdere la testa, trovano la loro chiave di risoluzione in un esito facile (che ““ per fortuna ““ non fa necessariamente rima con scontato).
Ritornano alcuni tratti riconoscibili del marchio peculiare di Bibio, ma completamente spogli della dimensione più tetra a vantaggio di una sonorità più leggera, a volte quasi (azzardo) felice. Mancano le perle (a volte, poco immediate) che ci sono state regalate in passato (“Business Park”, per esempio), per dare ampio (forse troppo) spazio a una fruibilità più facile e immediata. Complessivamente, la qualità è buona, ma la valutazione del compito sarebbe un ha potenziale ma non si applica, almeno non appieno.
“A Mineral Love” è una sorta di balsamo per provare ad avere un po’ di sollievo dalla “pena dell’anima”. è una ventata d’aria fresca nelle giornate più torride, piacevole nell’immediato, ma che, una volta passata, non lascia particolare traccia di sè.