LEGGI LA CLASSIFICA DI INDIEFORBUNNIES DEI MIGLIORI 50 DISCHI DEL 2016: posizioni #50 -> #26 / posizioni #25 -> #1
#10) TEENAGE FANCLUB
Here
[Merge]
Come un ritorno a casa. Il nuovo lavoro dei Teenage Fanclub potrebbe essere l’ideale chiusura della trilogia iniziata con “Grand Prix” e proseguita con “Songs From Northern Britain”. Dodici canzoni, dodici piccoli manufatti artigianali che parlano della vita e dell’amore, “Here” è un lavoro naturale e spontaneo che rappresenta una band certa del fatto suo. Un disco che, senza pretese, ti avvolge e ti abbraccia stretto.
#10) WESTERN SKIES MOTEL
Settlers
[Settled Scores]
L’approccio al fingerpicking del danese Gonzà lez Schelbeck è tutt’altro che virtuosistico o legato ai clichè della “americana”; in “Settlers” getta invece un ponte suggestivo tra folk, neoclassicismo e ambience notturna, in un vagheggiamento straordinariamente poetico del deserto come condizione dell’anima.
#9) THE YEARNING
Evening Souvenirs
[Elefant]
Il secondo lavoro dell’inglese Joe Moore, registrato con cura certosina e infinito amore per la melodia e i particolari, grazie a meravigliosi arrangiamenti, alla perfetta voce di Maddie Dobie e al suo alone romantico e notturno, è un tributo ai sixties squisito e irrinunciabile.
#8) LUCY ROLEFF
This Paradise
[Lost & Lonesome Recording Co.]
Quella di Lucy Roleff è una voce che viene da lontano, nello spazio perchè australiana, nel tempo perchè la sua voce rimanda al folk più classico ed evocativo. Le canzoni del suo album di debutto colpiscono per grazia, delicatezza e capacità di astrazione da ogni coordinata terrena, rivelando una voce folk che non può passare inosservata.
#7) LIVING HOUR
Living Hour
[Lefse]
Winnipeg, Manitoba, a.d. 2016, o ovest di Londra, all’incirca un quarto di secolo prima? Luoghi, tempi e immagini scolorano tra le dissolvenze originate da cascate di chitarre liquide e i veli di tastiere evanescenti dei canadesi Living Hour, il cui debutto perpetua lo shoegaze con leggerezza ispirato, tutt’altro che calligrafica.
#6) MODERN STUDIES
Swell To Great
[Song, by Toad Records]
La band scozzese, nata intorno al talento della cantautrice Emily Scott e del geniale polistrumentista (e, a sua volta, songwriter) Rob St. John, esordisce con dodici brani magnifici e pensierosi, tra chamber pop e folk classico. Imperdibile per gli appassionati del genere.
#5) LAISH
Pendulum Swing
[Talitres]
Daniel Green ci regala un lavoro che ha l’ambizione di fare arrivare la sua proposta musicale a un pubblico più vasto, senza minimamente snaturare il proprio suono, semplicemente rendendolo ancora più fruibile, grazie all’uso di una maggiore varietà strumentale, ad arrangiamenti più articolati e ad alcune melodie pop decisamente riuscite. “Pendulum Swing” non solo mantiene le promesse dei suoi già notevoli predecessori, ma va oltre le previsioni.
#4) GARETH DICKSON
Orwell Court
[12k]
Un disco ambient e al tempo stesso di canzoni, intriso delle dinamiche del picking e di atmosfere dilatate; ancora una volta in bilico tra omaggi drake-iani e ambience acustica Gareth Dickson compila un diario intimo e invernale la cui dimensione personale e artistica proietta in un altrove sospeso, denso di sensazioni di incontaminata malinconia.
#3) BRAVE TIMBERS
Hope
[Gizeh Records]
Da progetto solista della violinista e polistrumentista inglese Sarah Kemp, Brave Timbers si è trasformato in uno stabile duo con il pianoforte e la chitarra acustica di Andrew Scrogham. Gli undici strumentali di “Hope” non sono soltanto saggi di minimalismo da camera, ma ricama ambienti sonori emozionali fatti di riflessi impalpabili e agrodolci penombre.
#2) PLANTMAN
To the Lighthouse
[Arlene]
Segue le stagioni l’ispirazione di Matthew Randall, che ha atteso l’inverno per registrare le canzoni scritte nel corso degli ultimi tre anni. Rifiorisce così a primavera la musica del giardiniere Plantman, che in “To The Lighthouse” raccoglie quindici piccole delizie tutto cuore e spontaneità , un autentico gioiello pop.
#1) WEYES BLOOD
Front Row Seat To Earth
[Mexican Summer]
Natalie Mering, con la sua voce sublime e personalissima, ci regala, in un trionfo di emotività e razionalità , otto brani (+1) intrisi di struggente bellezza, percorsi da armonie spettrali e ricercate, fragili e onesti eppure vigorosi e risoluti. Definitivamente approdata al mainstream Weyes Blood entra di diritto, con questo album, tra le più grandi e autorevoli voci del nuovo millennio.