A Thousand Skies è un viaggio ben raccontato, un insieme di flussi creativi che hanno portato Clap! Clap! A

d un salto di qualità  definitivo che va oltre la world music, la musica elettronica e la letteratura di viaggio. Il suo nuovo lavoro è un disco con talmente tante coordinate e stimoli da seguire che alla fine ci si dimentica di tutto e si rimane solo ad ascoltare la bellezza di queste tracce.

Il lavoro è un’ode alla global music: si parte dalla Calabria, si plana sul folk sudafricano, per poiarrivare a riconoscersi nei suoniinconfondibilidi una città  come New Orleans, dove la commistione tra il maledetto, il jazz e gli innovatori musicali ben si assimilano ad A Thousand Skies.

Tennessee Williams, uno che di scrittura e di premi Pulitzer se ne intendeva, descriveva così New Orleans: The sky that shows around the dim white building is a peculiarly tender blue, almost a turquoise, which invests the scene with a kind of lyricism and gracefully attenuates the atmosphere of decay. You can almost feel the warm breath of the brown river beyond the river warehouses with their faint redolences of bananas and coffee”… In this part of New Orleans you are practically always just around the corner, or a few doors down the street, from a tinny piano being played with the infatuated fluency of brown fingers.

L’accostamento con una città  del genere credo sia una sfida per Clap!Clap!, che invito ad andare a suonare in qualche locale jazz, perchè sono certo che tra quelle strade tra stregoni, voodoo e cieli perduti troverebbe la giusta simbiosi tra il suo lavoro e gli ambienti.

Cristiano, nome all’anagrafe del musicista, è stato influenzato largamente da Paul Simon, che in Louisiana ha presentato spesso i suoi pezzi. Le ispirazioni presenti nel disco arrivano non solo dalla black music, ma anche dall’elettronica. Tutte queste influenze hanno la capacità  di creare una sinfonia unica, che combatte tra sè di pezzo in pezzo. Tutto ciò riesce a trasportare il lavoro in una prospettiva cosmica, profonda, una profondità  tipica dei contadini, degli sciamani o dei cantanti black.

Il prodotto è strutturato alla grande, ragionato, e fa emergere tutte le sfumature di un musicista accattivante. è possibile fiutare, in ogni parte del lavoro, le infinite influenze folk, hip-hop, black, rnb.

Tornando a noi, ci sono dischi che profumano di Africa, altri odorano come dei sobborghi londinesi: questo album ha un profumo di New Orleans, in una versione 2.0. Il punto di partenza è una cultura fortemente radicata al jazz e alla world music che si trasforma in una rappresentazione di bellezza universale.