Negli ultimi anni si è usato un termine preciso per identificare la musica elettronica più innovativa e interessante. Questa parolina magica è accelerazionismo. Attorno a questo questo termine, sul quale esiste anche un manifesto, si è sviluppato un movimento politico sociale che considera la tecnologia e l’avanzamento delle tecniche di produzione la chiave per abbattere un sistema che regola in modo sbagliato l’economia mondiale da vari secoli. La paternità di questo termine in campo musicale è del grande critico britannico Adam Harper quando, qualche anno fa, ha cercato di individuare la nuova corrente elettronica con un termine preciso. Quella «musica hi-tech » proviniva da artisti quali FKA Twigs, Fatima Al Qadiri, Holly Herndon, Oneohtrix Point Never, Logos, James Ferraro e Arca.
Proprio quest’ultimo è tuttora il più chiacchierato. “Arca”, il primo disco per la XL recordings, è il terzo capitolo di Alejandro Ghersi e potrebbe essere visto come una dedica nostalgica alle sue prime composizioni. Prima di diventare Arca il producer venezuelano sotto lo pseudonimo di Nuurocomponeva nella sua stanza da teenager privilegiato di Caracas canzoni synth pop. Non lo si poteva immaginare certo, ma quelle canzoncine sarebbero stati i geni in stato embrionale che poi avrebbero scatenato la sua elettronica contorta e apocalittica di qualche anno dopo. Già con “Reverie”, il pezzo che ha preceduto l’album e che accompagna il disturbante e bellissimo video in collaborazione con l’artista Jesse Kanda, si avvertiva una certa unione tra il pop dell’origine e il muro di suoni tecnologici di “Xen” e successivamente di “Mutant”.
Questo nuovo lavoro è sopratutto questo; 13 canzoni dove nella maggior parte dei casi Alejandro Ghersi si diletta nel canto come quelle delle sue canzoncine. E’ anche probabile che le illustri collaborazioni passate con gente come Björk, Kanye West, and FKA twigs abbiano contribuire a sviluppare la sua versione pop, che poi di fatto proprio pop ovviamente non è. Gli episodi più intimi come “Pier”, “Anoche” e sopratutto “Coraje” sono cantati e sussurati dalla voce spagnola di Arca che a volte si fa addirittura lamento straziante. “Desafio” ricorda molto lo stile di Anohni, pezzo molto bello anche per gli incastri sonori tipici delle produzioni di Arca, con il cantato che si amalgama alla perfezione con la vena creativa; inizia con una sirena da raid aereo e si sviluppa in un’armonia sintetica. Questo risultato di equilibrio si mantiene in tutto il disco che sembra, continuando l’ascolto, caratterizzato da un “continuum” sonoro che probabilmente era l’obiettivo che l’artista voleva raggiungere con questo disco.
Tra i momenti del disco non mancano quelli che più si avvicinano alle produzioni precedenti che si manifestano nei brani dove non è presente la voce del produttore venezuelano. “Urchin”, “Castration”, “Child” e sopratutto “Whip”, pezzo con chiari riferimenti sadomasochistici, ci ricordano che la sua elettronica tagliente e polimorfica non è stata assolutamente cantonata. Il suono di Arca è caos, contorsioni, voli pindarici e inquietudini viscerali avvalorati. C’e qualcosa che veramente abbaglia in “Arca”; la sensazione di essere entrati in una dimensione prepara ad arte e che ha tutte le parvenze di essere qualcosa di nuovo. Rimane difficile fare paragoni impulsivi e non si può neanche definire il disco con parole scontate quali “prova della maturità “. Ci si augura che questo rimanga una primizia nella sua produzione perchè si spera sempre che dischi come “Arca” rimangano unici.