Andare a un concerto di Mark Lanegan è un’esperienza mistica che dovrebbe essere obbligatorio fare una volta nella vita.
E’ un ritrovarsi faccia a faccia con qualcuno che la storia del cantautorato rock non l’ha semplicemente fatta ma ce l’ha cucita addosso, sotto quella camicia nera dalle maniche troppo lunghe che indossa per il suo live romano di martedì 11 luglio.
E che non ha intenzione di smettere di farla: dagli inizi negli anni ’90 con gli Screaming Trees a oggi, Lanegan non ha mai dato segni di voler lasciare il palcoscenico, e ce lo ha dimostrato ancora una volta.
Nonostante il caldo, i cambi location, i tanti concerti concomitanti, il suo popolo infatti non ha lasciato cadere a vuoto il suo richiamo ed è accorso al Fiesta di Roma per ascoltare dal vivo una delle voci più inconfondibili del panorama musicale internazionale. E Mark non lo ha deluso: suadente, potente, essenziale, canta senza sprecare parole tra un brano e l’altro, se non qualche ringraziamento. Ogni espressione del volto è nascosta, così come lo sono i suoi occhi dietro gli occhiali scuri. Ma a emozionare ci pensa la sua voce profonda, che dal primo brano “Death’s Head Tattoo” ““ tratto dal nuovo disco solista “Gargoyle” ““ all’ultimo ci tiene legati a sè, incantenati a quel suono incantatore.
Ed è così che le quasi due ore di concerto volano, e si scivola in troppo poco da “No Bells on Sunday” a “Emperor”, da “Floor of the Ocean” a “Metamphetamine Blues”, che chiude la performance prima dei bis.
Un viaggio musicale in prima classe: la voce di Lanegan e la band si incastrano alla perfezione, il livello strumentale è altissimo, il live è di una densità qualitativa ed emotiva decisamente sopra la norma.
Mark sceglie di chiudere con una cover, una signora cover: quella dei Joy Division, “Love Will Tear Us Apart”.
Forse è vero, l’amore ci distruggerà . Ma non stasera. Stasera è tutto, troppo, bello.