Piccoli wavers crescono.
L’esordio dei Maccabei ci aveva sì colpiti ma non ci saremmo aspettati una loro evoluzione così impressionante. Ai tempi di “Colour It In” c’è chi li accusava di essere troppo derivativi, di essere il solito misero combo di imberbi postpunkettari dal vago piglio pop , addirittura di fare troppi pezzi uguali tra di loro. A chiudere la bocca ai detrattori ci pensa dunque questo scintillante nuovo album intitolato “Wall Of Arms”, stiloso già a partire dalla foto della copertina realizzata da Boo Ritson.
La band si dimostra capace come poche altre di rielaborare la materia wave impiegando soluzioni, progressioni e intrecci ingegnosi insieme a fantasiose geometrie ritmiche che danno il giusto brio ai brani. Su tutto regna la voce di Orlando Weeks, sconsolata, epica ma a suo modo anche dolce, eccezion fatta per il brano “No Kind Words” (l’episodio più cupo dell’album), in cui si fa severa e gelida.
Con “Love You Better” è amore a prima vista”…o meglio, a primo ascolto. Il pezzo è sorretto nelle strofe da riffetti secchi che creano una sorta di “gioiosa suspence”, alle quali si alternano parti di raccordo sghembe e solari e altre ricolme di nervose pulsazioni chitarristiche, fino al nevrastenico e insieme festoso finale batticuore condito da esuberanti fiati. è un pezzo che si avviluppa velocemente intorno ai pensieri e difficilmente li abbandona. “One Hand”, “Can You Give It”, “Young Lions” sono numeri di alta classe di post-punk coloratissimo e dolceamaro, mentre “Wall Of Arms” è un pop-wave “spiaggistico” dal sapore fortemente nostalgico. Poi arriva la già citata, alienante “No Kind Words” che ci fa precipitare in una dimensione sonora alquanto inospitale. Ma i Maccabees non si fanno risucchiare dalle tenebre joydivisionane e ci regalano un’altra manciata di brani ancora migliori di quelli precedenti. “Dinosaurs”, “William Powers” e “Seventeen Hands” sono canzoni più tenere e però in qualche modo al contempo pure più spumeggianti delle altre, in cui si intravede una certa vicinanza con l’Arcade Fire-sound (guarda caso produce Markus Dravs, già al fianco della rinomata band canadese in “Neon Bible”). “Kiss and Resolve” unendo un cantato profondamente dandy a riff festosamente isterici e ritmi spediti, è un vero tuffo al cuore, un emozionantissimo e avvincente connubio di naivetè, malinconia e vitalità . La sognante “Bag And Bones” è il più delicato degli arrivederci, una dolciastra allucinazione sonora a base di cori ipnotici e fraseggi soavemente ossessivi.