Basta una singola occhiata alla copertina per capire che “TFCF” è un album assolutamente fuori dal comune. Non poteva essere altrimenti, d’altronde: siamo al cospetto di una band ““ i Liars ““ che non è più una band. Dopo le defezioni di Julian Gross nel 2014 e di Aaron Hemphill quest’anno, al timone è rimasto il solo Angus Andrew: una sposa abbandonata sull’altare pochi istanti prima del fatidico sì. Due addii (soprattutto il più recente) dolorosi e inaspettati, che hanno spinto il frontman a far ritorno nella sua terra d’origine, l’Australia, per leccarsi le ferite e ritrovare i giusti stimoli per non staccare la spina a un progetto iniziato ormai quasi 20 anni fa.
Gli undici brani di “TFCF” (sigla che sta per “Theme From Crying Fountain”) sono il frutto di un lavoro svolto in totale solitudine e lontano dal caos delle grandi città americane ed europee (New York, Los Angeles, Berlino) dove finora i Liars avevano realizzato i loro dischi. Questa ottava prova in studio, infatti, è stata scritta e registrata nella casa di Andrew nell’isolato bush australiano. I suoni quieti e desolanti dell’immensa natura locale sono riusciti a trovare spazio tra le nuove canzoni, dando vita a un art rock sperimentale immerso in inquietanti sonorità ambient, noise e acustiche.
“TFCF” è un album straniante e allucinato; Andrew sembra voler disorientare l’ascoltatore, mai davvero a suo agio per tutta la durata del lavoro. Ma è proprio nelle sue numerose stranezze che si nasconde il fascino dell’opera. Non c’è spazio per soluzioni semplici e immediate: si va dai loop “scheletrici” del folk lo-fi di “The Grand Delusional” alle atmosfere dub-spagnoleggianti (!) di “Clichè Suite”. L’elettronica dark (quasi industrial) di “Staring At Zero”, “Cred Woes” e dell’angosciante “Face To Face With My Face” fa da contraltare ai ritmi jungle dell’acustica e ballabile “No Trees No Branch”. A chiudere il disco tre cupissimi esperimenti in bilico tra noise e ambient (la nervosa “Coins In My Caged Fist”, la simil-ballad “Ripe Ripe Rot” e l’inquietante strumentale “Crying Fountain”).
I Liars hanno sempre saputo come sorprendere e spiazzare il pubblico, ma in “TFCF” raggiungono un livello superiore di stravaganza. Angus Andrew è un musicista restio a scendere a compromessi; in questo suo primo vero e proprio lavoro solista si riconferma artista fuori dal comune. Un disco malinconico, sofferto e cupo. Un convincente nuovo inizio per questa ex band, anche se a tratti un po’ troppo appesantito dalla sua eccessiva complessità .