Quanto può essere sottile il confine tra realtà e finzione. Capita che un musicista irlandese incontri una musicista ceca e inizino una collaborazione. Capita che successivamente gli venga chiesto di scrivere la colonna sonora per un film di cui saranno anche gli attori protagonisti. Un film in cui un musicista irlandese incontra una pianista proveniente dall’Europa dell’est con cui inizierà una collaborazione e con cui inizierà la storia d’amore più pura che si possa immaginare, che finirà con una separazione amichevole, ma non per questo facile. Capita che si arrivi a vincere un oscar per la migliore canzone originale (“Falling Slowly”) e che mentre si passa di città in città per promozione la storia d’amore inizi davvero. Capita che poi finisca e ne nasca un disco.
“Strict Joy” è questo. è il disco di una coppia che si lascia. è il disco della fine della storia d’amore tra Glen Hansard e Markèta Irglová, altresì conosciuti come Swell Season. Lo si capisce da ogni parola di ogni canzone in cui viene cantato (o sussurrato) quello che resta di una relazione ormai finita. Si comincia con “Low Rising”, pezzo in stile Van Morrison, che inizia proprio dove ci aveva lasciati “Falling Slowly”. La produzione di Peter Katis (già produttore di The National e Interpol) aumenta lo spessore di ogni traccia, le cose non sono più semplici come sul disco d’esordio omonimo. Ci sono archi, corni e percussioni che fanno tendere il lavoro finale più verso i Frames (l’altra band di Hansard), che verso quello a cui ci avevano abituato gli Swell Season.
Un lavoro in cui forse non sono presenti canzoni da oscar, ma in cui non mancano momenti di altissimo livello come “Feeling The Pull” e “The Rain”, ballate alla Damien Rice, o come “The Verb” e “Love That Conquers”, che sanno un po’ di Sufjan Stevens. Purtroppo non mancano episodi piuttosto deboli, in cui le melodie non convincono. Problema che si nota soprattutto nelle due canzoni cantate interamente dalla Irglová. La sua voce delicata non basta, “Fantasy Man” e “I Have Loved You Wrong” suonano un po’ troppo come ninne nanne.
Hansard e la Irglová funzionano, quindi, decisamente meglio insieme: le loro voci sono complementari e quando cantano entrambi, le canzoni sono semplicemente migliori. Hanno un’intesa vocale paragonabile a quella che avevano Damien Rice e Lisa Hannigan, ma non riescono a raggiungere l’eccellenza. “Strict Joy” è un buon disco, ma manca qualcosa. Qualcosa che sono sicura non mancheranno di farci sentire ai concerti di febbraio.