“Down two then left” è un album con una disco ritmata, di classe, che ti porta fuori dalla discoteca facendoti errare per le strade Losangeline.

Boz Scaggs riunisce, per questo nuovo album – come già  aveva fatto in “Silk Degrees”, suo settimo disco di grande successo – il meglio dei musicisti di Los Angeles – chiamati L.A. Session musicians. Quelli che al tempo erano solo giovani turnisti a cui Scaggs diede fiducia, dopo sarebbero diventati grandi del mondo musicale.

Steve Lukather, Jeff Porcaro, David Hungate – una parte dei futuri Toto, musicisti precisi al battito di secondo, con un groove invidiabile; Ray Parker Jr. – che nel 1984 scrisse il jingle di “Ghostbusters” e la successiva title track – e infine Jay Graydon ““ vincitore in futuro di due Grammy Awards per la categoria r’n’b: sono solo alcuni degli esordienti lanciati da Boz Scaggs.

Ai tempi i songwriters facevano spesso affidamento su turnisti di fiducia, mentre la scelta innovativa di Scaggs portò alla ribalta grandi talenti in erba.

Boz fu un grande protagonista dell’evoluzione dal rockabilly (anni ’50) alla disco suonata (anni’60-’70), che divenne cifra stilistica del panorama musicale di Los Angeles, un unicum, tant’è vero che un chitarrista del clan di Celentano, tale Ricky Gianco, dall’Italia volò in America per registrare (pagando fior fior di quattrini) un disco Rock ‘n’ roll ““ che in Italia riscosse poco successo. La disco suonata esprimeva pienamente la libertà  ed il folklore Losangelino.

L’album inizia come in un sovrapporsi di passi, l’andatura sbilenca, il disorientamento è di casa nella città  degli angeli. Sai da dove parti, ma poi non sai mai dove arrivi. Boz è un personaggio surreale, voleva stupire e cambiare strada a suo piacimento ““ come ha provato a cambiare poi un certo genere di musica. La copertina stessa per alcuni potrebbe essere quasi un oltraggio: insinuare appena che lui fosse il quarto Beatles e che i tre, fermi, fossero alle sue spalle, come a dire sorpassati, statue di ghiaccio che si stanno sciogliendo lentamente al sole. Le strisce invece che per la strada sono piccole e posizionate sul muro di un albergo.

Gimme the goods, l’ottava traccia dell’album fa capire il contrasto musicale nella testa di Scaggs, canta in un modo roots ““ con i timbales in levare ““ e la chitarra ““ invece di essere in levare come nel reggae ““ è rock ‘n’ roll.

Questo fa capire l’avanguardia musicale dell’artista. I primi tre brani: “Still falling for you”, “Hard times” e “A clue”, rappresentano una giornata di un ragazzo fine anni’70: ti svegli confuso, i capelli stropicciati, non ricordi niente della notte passata, la radio è accesa ma ha un ritmo lento, poi però alla fine bisogna rimettersi in movimento, è arrivato il tempo di essere duri, si esce di casa. Il pomeriggio sta trascorrendo, il tramonto appare, l’ennesimo drink è da far rimboccare.

La sesta traccia, “Hollywood”, è la più rappresentativa. Racconta di una collina in fermento, che cresceva e proliferava a dismisura. Tutto il mondo era concentrato lì, ma di certo non scacciava la malinconia per quella ragazza che avevo intravisto in quella ferrovia. I soldi e l’alcool erano l’etichetta di quegli anni, ma il sentimento – se anche non era la priorità  – era sempre presente nell’assenza e riempiva di tristezza il cuore per un mancato sguardo. Non temevo di andar via, anche girando l’angolo e salendo quelle scale sapevo di ritrovare altri due occhi simili allo svincolo successivo.

“Down two then left” e Boz Scaggs meritano di essere ricordati, perchè in questa odierna giungla di indipendenza musicale fanno capire che da sempre i musicisti bravi possono collaborare tra di loro ed innovare: la vera indipendenza è l’innovazione.

Bozz Scaggs – “Down two then left”
Data di pubblicazione:  15 novembre 1977
Tracce: 10
Lunghezza: 42.21
Etichetta: Columbia
Produttori: Joseph Wissert

Tracklist:
1. Still Falling for You
2. Hard Times
3. A Clue
4. Whatcha Gonna Tell Your Man
5. We’re Waiting
6. Hollywood
7. Then She Walked Away
8. Gimme the Goods
9. 1993
10. Tomorrow Never Came/Tomorrow Never Came (Reprise)