Ogni tanto mi metto in mente di andare a cercare un po’ di vecchi idoli personali del britpop anni ’90. Di solito le ricerche danno pochi risultati, ma questa volta sono stato fortunato. Quasi casualmente mi sono imbattuto in Christopher Latter, il cantante dei miei adorati Mantaray, autori di due pregevoli album: “Some Pop” del 1994 e “The Reds & The Blues” del 1997. Chris ora, sotto il nome di Lazy Sinatra, si diletta nel comporre ancora musica, ma assolutamente senza velleità  da classifica. Ritrovarlo mi ha emozionato a tal punto che ho deciso di proporgli un’intervista che ha volentieri accettato.

Ciao Chris! Come stai? Dove sei al momento?
Ciao Rcky, Seduto nel mio piccolo studio a casa nell’Essex. Sono appena tornato a casa da Hong Kong! Il lavoro mi porta dappertutto, ma il mio posto preferito è proprio Hong Kong.

è incredibile trovarti dopo tutto questo tempo. Ma dopo la fine dei Mantaray, sei sempre rimasto nel mondo della musica?
Alla fine dei Mantaray ho continuato a registrare, per un breve periodo, con una band chiamata Bionica, ma in realtà  non volevo più fare musica. Ho suonato a tempo pieno in band per 7 anni e mi ero davvero stancato di tutto. Gli ultimi 2 anni in cui siamo stati ingaggiati dalla Fontana sono stati divertenti, perchè siamo stati trattati bene molto, ma all’improvviso tutto ha iniziato a sembrare un lavoro. La musica, per me, era pensata per essere una via di fuga e ora mi sembrava…beh, solo qualcosa che dovevo fare.

Come sei tornato a lavorare sui dei brani solisti? E’ stato un “bisogno” arrivato di colpo o una volontà  emersa poco a poco?
Non ho toccato una chitarra per 10 anni circa. Pensa che non ne avevo nemmeno una in casa da prendere e strimpellare qualcosa. Circa 10 anni fa mi è tornata la voglia di suonare di nuovo la chitarra, ho comprato un’acustica e subito mi sono venute un po’ di canzoni. Non suono mai i brani degli altri, quindi se non riesco a pensare a qualcosa per me, beh, sicuramente non farò molta strada. Ho sfruttato la bellezza di Internet con Myspace (te lo ricordi?), facendo alcune canzoni con degli sconosciuti con cui mi scambiavo i brani avanti e indietro. Ho fatto delle cose di cui ero davvero orgoglioso con Jaq Gallier, una brillante cantante statunitense che è eccezionalmente talentuosa. Questo mi ha riportato alla registrazione e, lentamente, ho creato il mio piccolo studio dove posso registrare quando e con chiunque voglio.

Con queste nuove canzoni sotto il nome di Lazy Sinatra, mostri ancora il tuo lato pop, ma ci sono anche tante influenze che non abbiamo ascoltato al tempo di Mantaray. Quali sono i tuoi punti di riferimento musicali adesso?
Fin da quando stavo nei Mantaray seguivo Elliott Smith, Rodriguez e poi ho iniziato a scoprire vecchi gruppi degli anni ’60 come Grapefruit e Quicksilver Messenger Service. Non presto per nulla attenzione alle nuove band, non perchè non penso siano buone, ma perchè con così tanta musica degli anni ’60 / ’70 che non ho mai sentito, beh, è li, a quel periodo, che indirizzo le mie ricerche.

Negli ultimi anni c’è stato un vero apprezzamento degli anni ’90. NME spesso crea anche articoli sulle band britpop (quando non parla di Liam, ovviamente). Alla fine, pensi anche tu che la musica sia davvero una ruota che gira e che tutto, prima o poi, ritorna?
Alla fine Il Britpop era un gruppo di ragazzi influenzati dalle collezioni dei nostri genitori. Ero un Mod prima di entrare in una band e molto prima del Britpop. Lo zeitgeist mi ha raggiunto, non sono io che ho cercato di unirmi a lui! Ci saranno sempre persone che vorranno ascoltare guitar-pop band e e questi gruppi funzionano (e hanno funzionato bene) bene in un contesto anni ’60 / Britpop. La moda ci dirà  se il brit-pop ritornerà  di nuovo. E io, beh, mi vesto ancora bene quindi “hey, sono pronto ad un eventuale ritorno!

Sai che non ho mai capito come “Some Pop” non sia diventato famoso come “Parklife”. Avevate tutto: melodie, gusto pop, cori pazzeschi, uno spirito tipicamente inglese. Io giudico tutt’oggi il vostro primo album come uno dei capolavori del britpop! In quel momento, come percepivate l’interesse verso di voi?
Eravamo con un ottima etichetta, la Dead Dead Good, quando abbiamo registrato ‘Some Pop’. è stato registrato in un piccolo studio gestito da un nostro amico e non è costato nulla. C’erano sempre tutti i nostri amici di altre band che conoscevamo: era come se stessimo organizzando una festa e l’abbiamo registrata. Abbiamo fatto un bel po’ di tour per supportarlo e NME e Melody Maker sono stati molto gentili con noi, ma Blur, Oasis e Pulp erano i prescelti. Supergrass, Bluetones, Dodgy, Boo Radleys hanno tutti fatto parte del movimento e ne hanno goduto, ma l’industria musicale non ha mai apprezzato troppi vincitori contemporaneamente. All’epoca la cosa non mi dava affatto fastidio, mi divertivo a suonare in una grande band con persone che stimavo e non c’era per nulla competizione. Cos’altro avrei potuto volere?

Con il secondo disco avete voluto allontanarvi dal ‘Blur sound’ del primo album, giusto?
Siamo stati messi sotto contratto dall Fontana. Il tizio che ci ha fatto firmare era uno che aveva già  messo sotto contratto gente come Def Leppard e Tears for Fears! Adesso la cosa era diventata seria. Io credo proprio che non siamo mai stati molto bravi nel destreggiarci quando le cose si facevano serie veramente. Siamo andati in uno studio costoso, avevamo un produttore costoso e ci sembrava davvero tutto molto strano. Come ho detto all’inizio è praticamente un lavoro. Non è stata una decisione consapevole cambiare il modo in cui suonavamo. Immagino che fossimo un po’ più raffinati e patinati. Personalmente, penso che abbiamo perso il nostro fascino!

Sta di fatto che “The Reds & The Blues” ormai ha vent’anni. Dopo tutti questi anni, come giudichi quel disco?
Non mi dispiace. Penso che il fatto che non abbiamo suonato dal vivo molte delle canzoni di quell’album la dice lunga. Era un disco fin troppo prodotto e gestito dalla casa discografica che aveva una sua idea. Non siamo mai stati quel tipo di band e quel progetto, gestito in quel modo, era destinato a fallire. Ma di nuovo, è stato comunque tutto molto divertente, abbiamo avuto un grande passaggio radiofonico, fatto dei video fantastici e mi sono goduto la compagnia di tutte le persone con cui passavo il tempo. Non ho rimpianti, sono stato così fortunato a vivere quei momenti, importanti per tutte le band del movimento e per i ragazzi che suonanvano in quei gruppi.

Hai mai desiderato ricominciare con i Mantaray?
Sai che in realtà  non ci siamo mai separati? Abbiamo semplicemente smesso di fare queste cose. Avevamo un contratto con la Creation pronto sul tavolo ed eravamo già  stati ingaggiati per suonare a Glastonbury nel 1997. Non ci siamo mai organizzati per fare qualcosa, direi che è stata una questione di pigrizia per lo più. Avevo esaurito la voglia e mi sono semplicemente allontanato da quel mondo.

Quali erano le band degli anni ’90 che preferivi?
I Bluetones erano superbi, amavo anche i Boo. I Flamingoes erano una band con cui abbiamo suona molto ed erano fin troppo sottovalutati. Mi piacevano i These Animal Men, ho visto che sono tornati per un concerto! E poi ti cito My Life Story, Dodgy ma anche una band come i Godfather che hanno preceduto il Britpop.

Grazie ancora per la tua gentilezza. C’è una canzone dei dischi di Mantaray che ti piace particolarmente e che useresti come colonna sonora finale per questa intervista?
Abbiamo fatto alcuni lati B per i singoli di ‘Reds & Blues’ con un ragazzo di nome Gary Stout che ha lavorato nell’album. A mio avviso erano la cosa migliore che avessimo mai fatto. “Unstuck” era il mio brano preferito, un lato B di “Patient Man”, credo…è passato un po’ di tempo. Ciao Ricky, grazie ancora.