Attiviamo il radar e scandagliamo in profondità un universo musicale sommerso. Ogni settimana vi racconteremo una band o un artista “‘nascosto’ che secondo noi merita il vostro ascolto. Noi mettiamo gli strumenti, voi orecchie e voglia di scoperta, che l’esplorazione abbia inizio (e mai una fine)”…
Giocano sull’atmosfera sognante e su magiche vibrazioni indie-pop i Tiny Fireflies, band di Chicago che rappresenta la collaborazione tra Kristine Capua (aka Tiny Microphone, voce e tastiere) e Lisle Mitnik (aka Fireflies, chitarra e produzione), arrivati a suonare insieme dopo altre esperienze (esempio i Very Truly Yours in cui i due già collaboravano). Il loro primo assaggio arriva in una compilation della EardrumsPop, ovvero “Between Two Waves”. Ricordo bene quel brano, “Don’t Wait Until I Fall Asleep”, perchè pareva proprio uscire dalla penna dei Brighter/Harper Lee, con questa tastiera di base e le chitarre morbidissime e le voci avvolte dal sogno.
Eravamo nell’aprile 2010 e da li a poco ecco l’EP ominimo (ottobre 2010). Tre brani leggeri e vaporosi, che si muovono morbidi e carezzevoli, con la base ritmica mai invasiva e chitarre gentili che comprendono anche la cover della famosa “The End Of The World” di Skeeter Davis. Il primo agosto del 2011 è tempo di “Change EP” (esce per Little Treasure), che mantiene inalterate grazia e magia pop. Si, perchè la band dimostra sempre più di avere un approccio che mescola elementi molto curati e semplici, basati su un bedroom-pop dall’aria lo-fi, ma anche un gusto clamoroso per il ritornello. “So Sad To Say Goodbye” è ottimo esempio.
Nel marzo 2012 è la Cloudberry Records che s’incarica di pubblicare il nuovo singolo “Picture Perfect/Make Believe”. La prima ha un piglio quasi New Order nella ritmica, ma le carezze pop non mancano, mentre “Make Believer” è di una dolcezza impressionante. Da pelle d’oca. Gli amanti dei Trembling Blue Stars possono esultare sempre di più con quetsa band.
L’album d’esordio “The Space Between” esce, finalmente nel 2015, prodotto da Ian Catt (uno che ha già lavorato con Saint Etienne e Trembling Blue Stars, tanto per fare due nomi di band seguite da questo storico produttore) e con l’aggiunta del lavoro al master di Chris Romero (dei favolosi The Royal Landscaping Society), si porta a casa recensioni più che lusinghiere che vanno da “some of the best retro synth pop around in 2015” a “a delicate bit of gossamer synth-punk that floats like cloves smoke out an apartment window“. Capite bene dove si va a parare: morbidi synth, la voce magnifica e incantevole e tocchi soavi di chitarre a dare lo spunto melodico sempre più intenso, mentre i beat ritmici alzano e abbassano l’andatura. In equilibrio perfetto tra richiami all’ estetica Sarah Records così come a quella della Factory Records, il disco è un sogno ad occhi aperti, da cui andiamo a sentire tre di brani: la ritmata e avvincente “Ghost”, che profuma di anni ’80, la dolcezza pop -con il tasso di zuccheri che sale alle stelle- di “Youth” e quella sottile malinconia pop che emerge da “Melody”.
In questi primi giorni di dicembre la band è tornata a farsi viva con un nuovo brano, che dovrebbe essere l’antipasto di un nuovo 7″ atteso nel 2018. “Nothing” ha un piglio deciso e più carico rispetto al solito. Marcata linea di basso, una batteria vera e propria che lavora in modo solido e preciso e un sound che si dimostra più muscoloso, senza però perdere quella caratteristica comunque di vulnerabilità che da sempre contraddistingue la band. Ritornello magnifico, ma questo non c’era neanche bisogno di dirlo. Un brano che meriterebbe di essere davvero la loro hit! Vedremo dove porterà questa evoluzione.