Recentemente, leggendo un libro del sempre brillante David Sedaris ho potuto scoprire il significato di alcuni termini a me prima del tutto sconosciuti. Nomi di fobìe: genufobia (paura delle ginocchia), pogonofobia (paura delle barbe), keraunothnetofobia (paura che i satelliti artificiali che ruotano attorno alla terra possano caderci sulla capoccia), acluofobia (paura del calar della notte), fengofobia (paura della luce del giorno). L’elenco sarebbe infinito a dire il vero, da chi ha paura dei denti a chi teme la ruggine eccetera eccetera”…. La Popfobia non era inclusa nell’elenco e anzi credo proprio non esista, ma se esistesse sarebbe la caratteristica psichiatrica perfetta per Trabicolo, un progetto musicale che per la scontatezza dei testi e la facile presa sull’ascoltatore ha una repulsione fisica e mentale praticamente encomiabile e certificata ISO 9001 dalle attuali norme vigenti.
Scendiamo nei particolari: Moltheni in acido, Bugo allo stadio naturale e qualche impressione dei primi scoppiatissimi Coral in versione acustica. Qualità del suono da incubo. Ma, accidenti, che bell’incubo. Accento fortemente influenzato dalla brezza adriatica romagnola: ecco allora che “Massaggiando la cervice” diventa “Massaggiando la zervìze” oppure “Vieni a vedere come si scorrazza” suona “Vieni a vedere come si scorrassa”. I testi sono talmente allucinati e smacchiati con la candeggina che si attaccano alla realtà come delle sanguisughe e non c’è sale che tenga per staccarli. America e bassa qualità a tutto spiano: Pavement e lambrusco, Beck e piadine con la rucola.
Blues e demenzialità sul bordo di queste gocce di sudore che in questi giorni m’incorniciano il volto (provare “La mia baby abita di fianco alla statale” per credere). Un disco davvero affascinante, che cresce con gli ascolti, da provare anche quando si è distratti da qualcos’altro, soprappensiero, guardando magari la televisione con un ospite speciale (“Discuteremo di tutto e di come ha influenza su di me /Farebbe le sue battute/direbbe cucini proprio male /ma intanto io gli lascio le mie briciole e mi raccomando che se le faccia durare”-Serata Col Demonio). Per un secondo siete anche sicuri di averlo visto davvero. Aveva proprio tutto: corna, zampe di capra e il classico forte odore di zolfo che circonda la vostra immagine riflessa nello specchio. Adesso siete un po’ dèmoni anche voi. Buona fortuna.