L’indie-electro (con le sue varie sfaccettature, più o meno “synthetiche”), a partire dal 2006 fino al 2014 (circa), ha portato tante novità musicali e gruppi variegati, come ad esempio Alt-j, Late of The Pier, Metronomy. In quel periodo sono comparsi, dal nulla, i Django Django (nascono nel 2009 e il primo album è del 2012), che, con il loro omonimo album, avevano trovato nuove vie al genere. Ora dopo ben 6 anni dalla loro prima opera (come vedete salto senza rimorso il secondo album, “Born Under Saturn”, che mi ha lasciato l’amaro in bocca) ritornano con “Marble Skies”.
Solitamente il terzo album dovrebbe essere quello della conferma, quel disco che dovrebbe “incoronare” una band come matura e magari piazzarla, se si tratta di una band quotata e chiacchierata, come riferimento per il genere, invece, in questo caso, non è così: non dico che “Marble Skies”sia brutto, attenzione, ma non porta tutta questa novità sperata. Molti pezzi hanno melodie vocali simili, se non uguali, ai loro vecchi lavori e quello che forse più emerge è una sostanziale polarizzazione dei brani, o li ami o li odi, non ci sono mezzi termini: da una parte tracce davvero ben fatte e assolutamente godibili come la title track, “Tic-Tac-Toe” (immediata e pimpante) oppure “Sundials”, pezzo che reputo il migliore dell’intera opera, che si distingue proprio per un contenuto davvero euforico e “coraggioso”, dall’altra però ci sono canzoni brutte come “Surface To Air”, a cui non manca nulla per sembrare una delle più banali (e mediocri) hit estive fatte al risparmio.
Insomma, ammetto che mi sarei aspettato un po’ di più da questa band, almeno un passo avanti che non mi pare sia avvenuto. Synth e ritornelli non mancano, ma penso sapranno fare di meglio, io li aspetto fiducioso.
Photo Credit: Horacio Bolz