Penombra, la nostra testa abbassata e dolcemente ciondolante, gli occhi chiusi e la mente che si apre e si ritrova senza confini fisici e temporali, in una splendida narcolessia ipnotica. E’ questa la necessaria situazione in cui la musica degli Holy Motors ci porterà e farà , al meglio, il suo dovere ipnotico. Chissà se in Estonia (terra d’origine della band) ci sono questi spazi quasi western che la loro musica sembra suggerire, è la prima domanda che mi sono fatto ascoltando il loro esordio “Slow Sundown”, un disco magico e suggestivo che parte da una base slow-core (alla Low) per accogliere con sensualità anche forti riverberi e suggestioni noir.
Impossibile, in alcuni momenti, non pensare alle ballate languide che hanno reso immensa Hope Sandoval, così come all’estetica “americana” tracciata dai Cowboy Junkies, ma quanto detto non inficia assolutamente nè la personalità della band nè la resa emozionante di queste perle ad alto tasso onirico e letargico. La necessità è quella di smorzare l’intensità dei nostri movimenti, di lasciarci cullare fisicamente ma, come suggerivo in apertura, di non spegnere la mente, anzi, di lasciarla finalmente libera di vagare senza costrizioni, sulle note ariose e cinematografiche di una band che crea spazi vuoti, che ognuno di noi può riempire anche con i desideri più languidi, stimolati da questo sound.
Ah, produce Carson Cox dei Merchandise.