Con un altro mese ormai alle spalle ci concediamo un piccolo ma prezioso recap: The Beautiful Ones raccoglie le uscite discografiche, pubblicate negli ultimi 30 giorni, che più abbiamo apprezzato.


CALIBRO 35
Decade

[Records Kicks]
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Questo è “il disco” della carriera: curato, ostico a tratti, innovativo per la band e per i fan. Siamo a febbraio, lo so, ma qui ci troviamo di fronte a uno dei dischi dell’anno, ascoltatevelo e gustatevelo fino in fondo come un vino rosso, invecchiato nella sua pregiata botte.
[Gioele Maiorca]

MGMT
Little Dark Age
[Arlem]
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Per raccontare al meglio i problemi e le nuove sfide c’è bisogno di dinamismo, apertura e profonda libertà . MGMT per me ora è sinonimo di libertà  e nonostante il titolo cupo del disco, “Little Dark Age” è un disco di felicità .
[Gianluigi Marsibilio]

MARLON WILLIAMS
Make Way For Love
[Dead Oceans]

Spesso viene tirato in ballo l’accostamento con Chris Isaak e Roy Orbison e sicuramente questi artisti possono essere una valido termine di paragone se pensiamo agli arrangiamenti eleganti e al romanticismo grondante d’archi di “Come To Me”, alla deliziosa “What’s Chasing You” o al rockabilly a basso ritmo (anche qui con pregevoli suggestioni d’archi) di “I Know a Jeweler”, ma nel disco c’è ben di più, dalle devastanti e oscure ballate condotte principalmente al piano (la già  citata “Love Is A Terrible Thing” o “I Didn’t Make a Plane” che pare un incrocio tra Nick Cave e i Cousteau), all’andamento quasi bucolico del duetto proprio con Aldous Harding (se non è catarsi questa!), al doo-wop della title-track, per non parlare dell’esaltante “Party Boy” che unisce davvero Suicide e anni ’50, come qualcuno ha scritto su internet.
“Love Is A Terrible Thing”, ma non riusciamo a farne a meno. Dannazione.
[Riccardo Cavrioli]

THE SOFT MOON
Criminal
[Sacred Bones]
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Alcuni rimpiangeranno gli esordi lo-fi e meno “personalizzati” del progetto Soft Moon. Noi non possiamo non apprezzare l’emergere sempre più nitido dell’anima più fragile del suo demiurgo, il quale però continua a non disdegnare mai affondi feroci e attacchi frontali. Il risultato del mix tra i due volti di Vasquez è un altro piccolo capolavoro di rock “nero” moderno, memore del passato e smarrito nei labirinti dell’Oggi, e quindi proprio per questo ben consapevole del momento attuale..
[Luca Morello]

EZRA FURMAN
Transangelic Exodus
[Bella Union]
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Alla fine i momenti migliori dell’esodo raccontato da Ezra Furman finiscono per essere quelli in cui mette da parte le angeliche ali e fa i conti con se stesso, con la propria identità  bisex in bilico tra il vestito rosso di una divertentissima “Maraschino”“Red Dress $8.99 At Goodwill” e la giacca di pelle di “I Lost My Innocence”. Il rapporto tormentato con la religione ebraica viene raccontato in “God Lifts Up The Lowly” e “Psalm 151”, ballate eleganti in cui Furman si mette a nudo con onestà .
[Valentina Natale]

U.S. GIRLS
In A Poem Unlimited
[4AD]

“In A Poem Unlimited” rappresenta una brusca virata verso le piste da ballo: il groove contagioso di “M.A.H” ricorda da vicino quello di “Heart of Glass” dei Blondie, mentre la cover di “Time” di Micah Blue Smaldone traduce il blues notturno dell’originale in una bollente jam funk che sfocia nel free jazz quando chitarre e sax si lanciano negli assoli. Al tempo stesso, riprendendo una costante dei dischi a firma U.S. Girls, in tutti i brani aleggia un senso di inquietudine tale da rendere “In A Poem Unlimited” la colonna sonora ideale per una festa a tema Twin Peaks. Una tensione costante che si insinua persino nei testi, attraversati dalle brame di vendetta della sognante “Velvet 4 Sale”, dalle dure condanne al sessismo nascoste nella blueseggiante “Rage of Plastics” e dalle violenze domestiche raccontate con piglio sarcastico sul beat ruvido di “Incidental Boogie”.
[Giuseppe Loris Ienco]

JOAN AS POLICEWOMAN
Damned Devotion
[PIAS]

Vogliamo essere chiari che si tratta un disco impegnativo, non per nulla di facile e immediato accesso e che cresce continuamente di ascolto in ascolto.
Iniziate perciò a versarvi un buon bicchiere di vino, abbassate le luci, cuffie sulle vostre orecchie e perdetevi soavemente nell’universo di Joan oltre che nei vostri intimi pensieri. Ma come un vino di primo livello lo richiede, lasciatelo decantare il tempo che merita.
[Stefano Quattri]

GRANT LEE PHILIPPS
Widdershins
[Yep Rock]

…”Widdershins” non è un disco nostalgico nè malinconico. Le note gioiose di “Liberation” lo dimostrano e qui Grant ““ Lee Phillips fa un po’ il Boss della situazione, provando a regalare un briciolo di speranza a se e al pubblico. Confermando ancora una volta di saper scrivere testi di gran classe e di essere un inguaribile ottimista, oggi come venticinque anni fa.
[Valentina Natale]

BONUS TRACK – DEBUT ALBUM DEL MESE:

GEOWULF
Great Big Blue
[37 Adventures]
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Star Kendrick e Toma Banjanin non appesantiscono il discorso e vanno sul sicuro con questo “‘beach-pop’ che necessita il giusto grado di abbandono e uno sforzo piuttosto contenuto nell’ascolto. Tra citazioni anni ’60, piacevoli ritornelli e tinte mai particolarmente accese -sebbene intriganti e accattivanti (“Don’t Talk About It” su tutte)- ecco che, quando il lato a presa rapida prende il sopravvento (“Drink Too Much” e “Saltwater”), gli occhiali da sole sono davvero richiesti per proteggere gli occhi dai bagliori accecanti del pop.
[Riccardo Cavrioli]